Inno d’amore

2327124940Ho perduto tutto del pianeta Terra. Non troverò più nel labirinto della mia mente un fiore da coltivare, né un raggio di un giorno che è passato. Né una goccia di rugiada su un petalo di rosa. Ho sotterrato, nella cantina della memoria perduta, i canti dell’infanzia e le lotte dell’innocenza. Si, ho lottato una buona battaglia per l’innocenza del mondo. E’ la mia eredità per il testimone d’amore. Ora l’abisso mi separa da tutto. Da costì non è possibile ascendere al respiro della terra. L’abisso è il nulla ricordare. L’uscita è blindata da una gola arsa di dimenticanza. Però mi è sufficiente una parola per ricordare i poemi e i canti dei sognatori del mondo. Non riesco a dormire in questo sacco di sale che il dolore ha esalato.

Ho molleggiato il mio cadavere, ma nulla è perso nel cuore. Cristo, dalle mie costole forate, ha fatto uscire il suo fiato immortale. Sono nato dalla sua costola. Sono in una cellula, da dove tutto nuovo rinasco. Ricamo alchimia e dondolo nell’altalena del cielo. Chi può sapere come è fatto lo spirito? Noi che non conosciamo tutti gli elementi chimici dell’universo? Tutto sparisce in un ricordo, come l’alito d’estate che non vedi. Ciò che mi resta dentro è il nitrire dei miei cavalli che mi mancano. Essi riconoscono l’odore della mia carne. Tante volte hanno leccato la palma della mia mano piena di zollette di zucchero. Zingaro io sono nella tenda del sapere. Gli occhi fulminei tornano a guardare i sogni del passato. E nulla tuttavia è presente. Svaniti sono i secoli del pensare. Mi resta solo un giorno d’amore. Sono senza peso per un Dio che mi tiene in mano. Appena rammento il suo pianto, le sue danze per sedurmi, i suoi voli d’aquila mi sollevo dal fango della mia inerzia.

 

Madre, salirò per vederti, io che mai ti conobbi. Salirò all’eterno, dove tu, in ginocchio, mi aspetti con gli occhi pietosi a Colui che con le tue braccia tremanti un dì, nel parto d’amore, ti offristi. Madre, so che non mi guarderai, finché non mi avrà tutto perdonato. Io, sfinito anche lassù, non potrò abbracciarti, finché tutto di Cristo io sarò. Avrò labbra secche d’amore. Avrò occhi appannati di pianto. Avrò mani elevate alle tue braccia. Dinanzi al Signore ci riconosceremo e anche noi negli occhi avremo un rapido sospiro. Non potrò mai smemorarmi della vita che mi hai donato. Io ho esultato a canonizzarti santa, come tante madre che hanno scelto di dare alla luce un figlio, morendo nel parto.

Ora, madre, mi hai effuso il cielo negli occhi e contemplo solo ciò che è amore. Ora, madre, le tue labbra pregano il silenzio e mi riempi di canto il cuore. Ora, madre, le tue mani sono ali di altezze, per elevarmi sulle vertigini dell’immenso. Ora, madre, in te infiniti sono i giorni e non rammento più una notte. Ora, madre, sono il tuo bacio. Ora, madre, sono il tuo abbraccio. Ora, madre, sono come un tino che bolle grazie e non mi sfiora nessuna lacrima di patire. Mi fermenta l’amore. Ora, madre, nel costato in cui Cristo ci ha incarnati, siamo un coro d’angeli nella pala di santa Maria Assunta di Corsignano, nel nostro amato paese. Sono salito sulla roccia dello spirito, per incoronarti martire della vita. Salve, gioisci madre del vero amore, sono soltanto un figlio che tu abbracci nel seno.

Paolo Turturro

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