Io mi rialzo
Io sono la speranza dello schiavo e del negro.
Io mi rialzo dalle mazzate dell’odio.
Puoi infangarmi ma non mi affondo!
Mi puoi calpestare ma io mi rialzo come la polvere
sollevata dalla luce.
Io respiro come le speranze che volano alte.
Non te la prendere così tanto,
se io mi rialzo dall’abisso delle tue falsità.
La prima menzogna sul risorto
è dei sommi sacerdoti che danno denaro
per nascondere la verità della Risurrezione,
facendo dichiarare il falso ai soldati
presso il governatore e la gente.
Io mi rialzo insanguinando sassi
e stringendo fango nelle mani.
Io mi rialzo,
perché chi crede in Dio non muore mai. Dipax
Dialogo: Il risorto
Giovanni: Abbiamo cantato l’Osanna delle Palme.
Qualcuno ha vinto per noi! Qualcuno è morto per noi!
Cristo senza morire già entra nella gloria. I re, sotto l’arco della gloria, passavano solo dopo la vittoria sui nemici.
Lui preannuncia la vittoria sulla croce, uccidendo i veri nemici: il peccato e la morte.
Ora ci troviamo rinchiusi in questo cenacolo, dove il nostro maestro ha spezzato il pane e la sua vita per noi.
Io voglio chiedervi, perché non gli abbiamo creduto? Perché siamo tutti fuggiti?
Le pie donne stanotte sono uscite fuori, sul cammino del sepolcro, sul cammino della speranza.
Queste pie donne hanno il coraggio che sarà ricordato nei secoli.
Stanno sfidando la paura. Stanno sfidando la morte.
Matteo: Ma chi toglierà loro quel macigno di pietra? Come togliere la pietra dalla bocca della morte? Come togliere la pietra dalla bocca del sepolcro?
Come togliere la pietra dalla bocca della guerra?
Dalla bocca della droga?
Dalla bocca della corruzione?
Togliere quella pietra è una questione di fede. Dipax
( domani e per tutta la settimana santa continua il dialogo: Il Risorto. Preparati all’ascolto).
Guarda e ascolta il video: Dipingiamo la pace, sul nostro sito: www.dipingilapace.it
Il Risorto (continua)
Giovanni: Siamo qui per riflettere sul nostro no al Signore.
Pietro: Siamo fuggiti tutti. Io l’ho tradito dinanzi a una donna.
Giacomo: Io non esco dal cenacolo. Ho paura del buio. Ho paura del sepolcro. Ho paura della condanna. Ho paura dei giudei. Chi mi assicura la risurrezione?
Giovanni: Quella sfida di Gesù Cristo:” Distruggete questo tempio, questo mio corpo
ed io in tre giorni lo risusciterò. Questa sfida di Cristo appartiene a tutti noi. A te Pietro. a te Matteo, a te Giacomo, a tutti noi. E’ la sfida della vita! E’ la sfida del mondo! E’ la sfida dell’eternità!
Giacomo: Sfida o non sfida, la fuori ci sono i soldati, i sommi sacerdoti a giudicarci, a condannarci, a spiare i nostri passi.
Qualsiasi coraggio tu hai, là fuori sei perdente.
Qualsiasi coraggio tu hai, là fuori sei condannato.
Preferisco la mia sicurezza, la sicurezza di queste porte chiuse.
Chi può entrare nella mia anima sigillata di paura?
Chi può entrare nelle mie opinioni non dette?
Fuori c’è morte! Fuori c’è peccato! Fuori c’è ingiustizia! Fuori c’è condanna!
Fuori c’è paura! Io preferisco la mia piccola pallida luce del mio silenzio.
Perché rischiare per ciò che non c’è?
Preferisco la clessidra del mio tempo. So contare i miei minuti. So contare i miei giorni. So contare il mio spazio. Tutto ciò mi basta.
Bartolomeo sei d’accodo con me? (domani continua il dialogo). Dipax
Ho accarezzato il tempo,
mi sono consegnato al nulla
e persino le tenebre
mi hanno deriso.
Giuda, rassomigli a tanti di noi,
sei più astuto di una volpe
con le tue mani insicure nella borsa del denaro.
Non sapevi però che ogni tradimento,
come oggi
è una vetrata di shopping.
Tutti conoscono
il tuo boccone,
mangiapane a tradimento.
Non sapevi che un altro volpone
era pronto a divorarti.
Eri una pecorella smarrita
e volevi tornare all’ovile
ma qualche montone,
nella notte di Pasqua,
ti ha cacciato via,
gettandoti nel burrone della disperazione. Dipax
Don Mimmo Napoli, don Giacomo Ribaudo e padre Paolo, sul monte dell’eucaristia.
n. 42
Sono salito con te sul Tabor, monte dove si vede Dio.
Mi hai fulminato il cuore.
Mi hai trasfigurato gli occhi a contemplarti Figlio di Dio.
Non oso possederti in una capanna, come Pietro.
Non voglio mischiare antico con il nuovo.
E’ passato il vecchio, come Elia e Mosè.
La profezia è qui e la legge è il tuo amore.
Scendiamo a valle ad annunciare il nuovo.
Non basta una tenda a contenere Dio.
Ti ho custodito forte nei miei polmoni,
dove ora respiro energia divina. Dipax
n. 41
Io vinco e calmo la malvagità con frecce di compassione.
Convincere ad amare è la vittoria di ogni uomo.
Cristo, la tua vita è d’ingombro dinanzi alle nostre voglie di superbia.
Basta (dayenù) amare! Dayenù, dayenù, dayenù amare è la vita.
Mi hanno inviato al confine, dove il mio capo si è svestito del manto dell’orgoglio e ho cominciato a liberare il respiro.
Mi soffoca la roba, mi scrollo di dosso ogni zavorra di potere.
Amo e sono giunto all’origine della vita. Nessuno si è spinto oltre.
Tanti si fermano impalati alla propria croce. Io mi sono schiodato dal dolore.
I miei occhi dinanzi al sole ardono sapienza, i tuoi invece sono chiusi per non far vedere dentro le tue tenebre che ti oscurano di cattiveria. Dipax
n. 40 Offri un sorriso
L’appagamento dei sensi
non è mai una liberazione
ma solo una soddisfazione.
Lacerati il cuore,
riconciliati con Dio e con i fratelli.
I mostri oggi li amano a bellezza,
per riempire il vuoto dell’anima.
Lascia il tunnel della disperazione,
entra nella luce
del tuo spirito.
Offri un sorriso, una carezza
e il tuo volto splenderà di serenità.
Dio seminerà in te grazie
come ai santi.
Anche il cuore vede la notte.
Al mattino apri gli occhi
e la luce t’invaderà di certezze
che ti accompagneranno
all’aurora del Risorto. Dipax
n. 39
Respiro attesa
nel tuo regno d’amore.
Vediamo chi c’è.
Vediamo,
se ho cercato e vissuto invano.
Il tuo corpo profuma di grazia.
I tuoi occhi splendono di bontà.
Il tuo capo è glorioso di perdono.
Dalle tue mani fluiscono giustizia e verità.
E’ il tuo Corpo Glorioso.
E’ il corpo della nuova Umanità.
Ci siamo tutti,
è il regno d’amore
preparato da tuo Padre,
dove viviamo assieme
ai tutti popoli vissuti e sbandati
nelle tenebre dei secoli,
nessuno escluso.
Qua dentro gratuitamente
siamo chiamati a entrare
e a vivere nel sogno
della profezia di Isaia. Dipax
n. 38 Nel tuo regno d’amore
Grazie, sono uscito dai miei dubbi.
Mi hai coronato di sicurezza.
No, non voglio parlare più del patire.
Non conosco più il soffrire.
Basta, sono nauseato
di stare nella tomba della croce
e con un crocifisso appeso sul capo,
come la spada di Declamo.
Hai spalancato i cardini arrugginiti da secoli
e mi hai strattonato a uscire.
Sono fuori dalla tomba della croce.
Sono il cantore del Risorto.
Nel mio petto
è inciso il Risorto,
alleluia è la sua voce.
E’ inciso l’amore,
l’alleluia è la sua passione.
E’ inciso lo spirito,
l’alleluia è il suo fiato.
Entro cantando alleluia
nel Corpo Glorioso
degli angeli e dei santi. Dipax
n. 37 Nel cuore parla il silenzio
La mano del nostro destino
non muta mai il nostro pensare.
Spezza la tua diffidenza,
è l’ultima via di uscita.
Non perdere la tua dignità
in una frazione di male.
Non siamo noi
a scrivere i momenti migliori
della nostra vita.
E’ l’altro a completarci di amore.
Tu, o Cristo, mi trattieni
per un braccio
e in un angolo della mia camera
mi stritoli di sicurezza.
Anch’io ti spezzo nella consacrazione
e tutto Dio è nelle mie mani.
Accarezzo un fiore
e tutta l’estasi del cielo
è nei miei occhi.
Mistico è il silenzio
e in esso plani
nelle sinfonie dell’inaudito.
Soltanto il cuore
svetta sul confine del Tuo universo. Dipax
n. 36
Le parole nulla sanno dire
dei salmi degli angeli
scritti con le loro ali.
Signore, le ansie dei poveri
non si tramutino in delusioni.
Signore,
noi delusi abbiamo gli occhi
allargati di malinconia.
I profughi sono una rapina
alla nostra identità.
Li cacciamo dalla mente
per reazione
e per paura di scomparire.
Non saranno mai nostri interlocutori
di corresponsabilità.
All’immigrato non diamo parola,
gli neghiamo persino l’ identità.
Sono soltanto dei “neri” e basta.
Stiamo vivendo nel nostro spirito
la pietrificazione di Dio.
Nulla ci tocca.
Nulla ci commuove.
Nulla ci interressa.
Siamo vuoti e non ci accorgiamo di esserlo.
Questi nostri fratelli vengono da noi
per una prova di convivenza. Dipax
n. 35 Non ho paura,
in questa nostra società ostile,
di pensare come Te, o Cristo.
La notte non oscura il firmamento.
C’è sempre una cometa
ad accompagnarmi
all’aurora di una nuova grazia.
La tua sinagoga
era un harem di donne.
Le tre religioni monoteiste:
ebraismo, cattolicesimo, islamico,
sono maschili.
Sono guidate da uomini.
Sacerdoti, maschili;
leggi, maschili;
governi, maschili.
Tu hai rivoluzionato
la sinagoga in strada,
l’auditorium in montagne
il gridare al femminile.
D’allora le donne
governano dogmi e leggi.
Io so che vuol dire essere uomo:
comandare, dominato dalle donne.
Guai a quell’uomo sotto una donna.
No, non tentenno nell’annunciarvi
che io credo
al volto materno di Dio.
Si, ho una visione diversa delle cose.
Molto diverso
dal modo di pensare
di poeti e scrittori
pagati e giullari
dei ricchi e dei potenti.
Eppure non cado nel fatuo femminismo.
n. 34
Sono sempre insicuro,
molto confuso
dinanzi alla corruzione del mondo,
eppure il cuore mi porta
a un porto sicuro.
Sono sempre pronto a partire,
a cambiare luogo,
a dormire in una cella,
sotto i ponti
o nel mio eremo di silenzio.
Cambio sempre,
anche gli uomini innamorati
si comportano
in questa maniera
e io sono innamorato
di Colui che non conosco.
Sono i pazzi a inventare l’amore.
Chi domina il cuore,
conquista il mondo.
Basta un flauto di verità,
per scatenare l’inferno.
Io non lascio vagare il cuore.
Non so proprio dove finirebbe. Dipax
n.33
L’angelo mi arpeggia il cuore
e i miei occhi si aprono
a visioni divine.
Ti ho schiodato le mani
e mi hai stretto forte al tuo petto.
Hai fuso in un unico cuore
i nostri palpiti.
Agitato dal male,
mi riscaldo dentro le coperte
della tua grazia.
Ti ho strappato
la corona di spine
e mi hai coronato il capo
di baci celestiali.
Ho lavato con le mie lacrime
i tuoi capelli di sangue intrecciati
e mi hai effuso un nuovo battesimo di spirito.
Noi due siamo degli innamorati mai delusi.
Qualcuno mi voleva costringere a rifiutarti.
“Pensa alla tua condanna
e non a Dio che non ti può salvare”.
Tu mi hai stretto impavido
nella morsa della grazia
e mi hai coniugato a te.
La fede è un tuo rapporto d’amore. Dipax
n. 32
Foto:aurora oceanica di Giorgione di Bologna.
Il buio pesa nel cuore,
stritola le ossa
ma non lo spirito.
L’odio non è capace
di uscire dalla tomba,
resta cenere.
Il corpo dei martiri
è un fuoco
a esporre ardore
come un sacramento.
Sono avvolto dalla luce,
come Simeone,
anche l’uomo
manifesta l’Epifania di Dio sulla terra.
Non possono incatenare il tuo Spirito.
Il tuo vangelo rischia
di essere ucciso
proprio dai consacrati alla Tua Parola.
E’ bestemmia fare la carità
con il sostegno dell’8% per mille.
Forse tu, Signore,
non sei più
la nostra Divina Provvidenza?
La confusione viene dal diavolo
che ci abbindola a credere
che senza i capitali del mondo
non si possono sostenere
le opere di carità.
Il compromesso è la coda di Lucifero.
Lui resta sempre con le corna,
noi, con le ali
a sostenere e a volare
con i più miseri della terra. Dipax
Sei oltre il muro
di ogni fede.
Sei, nel tuo ultimo spasimo,
la sorgente della vera vita.
Io a protestare l’ignoranza
e tu a soffrire
per effondere l’infinito sapere
all’uomo stolto di fede.
Ho attraversato tante notti oscure.
Notte di dubbio
a lacerare lo spirito.
Notte di rischio
a osare l’impossibile.
Notte che avvelena l’aurora
che non annienta la luce.
Notte che impedisce al giorno
di sorgere.
La notte non è la mia casa
e io esco sempre dal buio.
Sono alla luce
e in me vince l’essere.
Io non sono del tempo.
Sein und Zeit
è l’urlo di Martin Heidegger.
Vince chi è fuori tempo.
In me vince l’essere
e non il tempo.
Essere e tempo
si combattono in un feroce duello. Dipax
Non sono quel rospo
in attesa di divenire re.
Non salto argomenti di vita,
come quella volpe
che nell’impotenza
di raggiungere l’uva,
la dichiara acerba.
Non mi metto
sotto una roccia in bilico,
come vittima di tutti i drammi.
I miei occhi annunciano la vita
e non la morte.
Ora io conosco tutto il Tuo corpo.
Ecco gli occhi chiusi
a sospiro divino.
Ecco la bocca
lacerata di agonia.
Ecco il capo
insanguinato di spine.
Ecco il petto squarciato
a costato d’amore.
Ecco le ginocchia
a lividi di adorazione.
Ecco i piedi trafitti
a procedere nell’impossibile.
Ecco le mani
forate di luci.
Ecco il cuore troncato
da lance d’incredulità.
Scoppia il pianto!
Le mie membra palpitano
nel Tuo corpo glorioso.
Scoppia la gioia,
sei il risorto di tutti i malfattori. Dipax
Sono stanco di soffrire.
Ti prego,
fammi una trasfusione di Spirito.
La flebo del fiele è piena
e io non voglio intingere una spugna
per le mie labbra.
Ti sei addossato
il pianeta del patire
e io mi sento schiacciato
da una sola goccia di aceto.
Non capisco come i preti,
dinanzi alla tua croce,
hanno un respiro di bronzo.
Annunciano il soffrire,
senza patire.
Annunciano il coraggio,
da impavidi pastori.
Annunciano il vangelo,
come una favola
per mentecatti.
E’ l’assurdo della desacralizzazione.
Mangiano parole di denaro
e tu paziente ad amarli,
per poter, a loro volta,
convertirli e convertire. Dipax
Amo tutti,
non escludo nessun traditore
alla mia convivialità,
come hai fatto tu
nel tuo cenacolo d’amore.
Io calcolo ciò che è possibile
ma non ciò che è impossibile.
Non bilancio il rischio.
Sono sempre
dalla parte di chi sbaglia.
In realtà non posso lasciare
nessuna breccia nel mio cuore,
entrerebbero tutti gli affamati
delle rivoluzioni.
Io non ci sto al massacro.
Non è mai tardi
raccogliere la speranza
e io non so fare miracoli.
Eppure mi tocca lasciare tutto
per seguire un uomo
che mi chiede di guarire
la sua figlioletta
anemica di cuore.
Esco sempre in questi casi
e mi trovo sempre
gli ammalati in piedi,
fuori del letto
a cantare la gioia
della guarigione,
mentre io mi ammalo
e muoio a guarire gli altri. Dipax
Sei tu che hai dato nome al mistero
che si chiama Amore.
Sei tu che hai dato nome all’universo
che si chiama Passione.
Sei tu che hai dato nome al silenzio
che si chiama Parola.
Sei tu che hai dato nome alla carne
che si chiama Spirito.
Sei tu che hai dato nome al nulla
che si chiama Vita.
Mi pugnala tanto il dolore
da rendere gelido il cuore.
Eppure non potrò mai comprendere
i tuoi spasimi
sul patibolo del tuo amore,
dove hai attirato a te
gli spasimi di tutti gli universi.
Tanti lavorano con le mani,
senza la mente.
Gli artisti e i santi
operano, meditando,
a creare capolavori del cuore.
Un fiore:
un anno per sbocciare,
un istante per spezzarlo.
Quante volte nell’andare
della Tua missione
mi sono sentito interpellato
da non credenti e sofferenti:
“Continuo a domandarmi
cosa ho fatto di male?
Perché tutta questa aggressione
da parte di mia madre?
Mi fa male più di ogni altra cosa
che io abbia vissuto di brutto!
Sono sola in questo calvario! “.
“ Non si è mai soli,
quando uno ama.
Tu vuoi bene a tante persone.
Fai bene a tanti ammalati.
Nello spirito poi
siamo con Dio
che il meglio di noi
e in noi.
Non hai fatto del male.
Forse Cristo ha fatto del male?
Forse i giusti hanno fatto del male?
Forse i martiri hanno fatto del male?
Forse gli innocenti fanno del male?
Non aver timore
d’inserirti sulla scia dei giusti”. Dipax
Noi nasciamo, brilliamo, moriamo
tutti nello stesso cielo.
L’universo è il grembo
per partorire in Dio.
Io non mi vergogno di morire
sotto la tua croce,
da dove si spalanca in me
il corpo dell’immortalità,
il corpo della Trinità.
Io sono sopravissuto
alla grande persecuzione.
Ho pagato nel cuore
il rogo della condanna.
Mi hai fatto martire
della tua sapienza.
Ora comprendo i tuoi misteri
che mi sveli dentro la tua croce.
Tu che hai gustato
le dolcezze del cielo,
non puoi mescolarti
alle bassezze del maligno.
Ho visto potenti morire di rabbia
e miseri estasiarsi di eterno.
Io sto con lo spirito dei santi
e non con le ossa delle reliquie. Dipax
Con te il mondo
non è troppo grande
per essere attraversato
e io sono così piccolo
per amarti.
Inizia il miracolo
e io so perdonare
chi mi ha perseguitato.
Quante volte
ho lavato il mio volto
con le mie lacrime
calde e amare.
Io sto restituendo alla gente
ciò che era tuo.
La chiesa ha rubato a Cristo
l’amore e il perdono.
Si è vergognato della croce,
per questo mai ha annunciato
la risurrezione.
Ha rubato la coscienza ai popoli
e la gente non pensa più. Dipax
Ora, dopo tanto patire,
non soffro più,
perché il tuo sorriso
mi rende giovane,
quando la mia giovinezza
è già passata.
Mi hai trasformato
il carcere in libertà,
la tristezza in tenerezza,
la solitudine in assemblea gioiosa.
Da te ho appreso
come accendere il fuoco
con l’acqua
e come spegnere
tutto ciò che il fuoco
ha scritto nella mia carne.
Nella solitudine
tutto mi torna negli occhi,
strade delle lotte
e delle sconfitte,
scogli appuntiti
e terrazze scavalcate a galoppo.
Io so soltanto che camminando
si percorre
il sentiero del tuo mistero.
Nel silenzio
delle mie notti insonni
mi crescevi le ali,
mentre io cercavo
di mettere radici
nella disperazione.
La mia mente non s’impolvera,
come una biblioteca
chiusa per topi.
Si apre alla luce,
al dubbio,
al soffrire,
alla speranza
e al sorriso di ogni volto,
come una corolla
di una margherita al sole.
La pelle delle mie mani
è raggrinzita di pensieri,
mentre i miei sogni
hanno voli d’aquila.
Non mi strappo il cuore
dal petto
per gettarlo nel fiume
a divenire pietre nel suo letto.
Le mie lacrime
sono divenute torrenti
che scorrendo nel mondo
sfociano nel mare.
Il tuo amore, o Cristo,
non sappia mai
che ho pianto tanto per te. Dipax
Nelle tempeste anche il cielo
si oscura come la terra.
I potenti del mondo
hanno paura
della tua misera stalla.
La tua follia d’amore
ha reso umane
e spirituali le nostre relazioni.
Ciò che ti abbiamo donato
è la nostra diffidenza;
il mio credere a singhiozzo.
Pota il mio animo
e vendemmia acini
gonfi di lacrime amare.
Potessi aggraziarmi dentro
con le stesse virtù che annuncio.
L’empio ha tarpato le mie ali,
ma io volo ancora,
senza sapere che lo spirito
plana senz’ali. Dipax
Ti hanno filtrato
al setaccio dei giudizi.
La pula dei loro pensieri malvagi
è volata
e il tuo amore per noi
è rimasto saldo e fedele.
Mi squarci il cuore
e mi fa bene,
il sangue così circola meglio
a essere santo.
La morte fa disperare
soltanto il diavolo, ha paura.
La carne del tuo ultimo sospiro
diviene spirito.
In te, o Cristo,
ha senso la nostra carne
a divenire Dio.
Il grido del dolore
è resistere al potente,
per non annichilirsi del nulla.
Chi è giovane
muore mille volte,
l’anziano non muore mai.
Sei sceso nell’inferno
delle nostre tenebre,
con tutte le tue cadenze,
a liberarci dal tanfo
delle nostre preghiere morte.
Sei tuttora una torcia umana
che dà energia a ogni aurora,
a ogni notte
e a ogni persona spenta. Dipax
Niente accade d’irreale,
se è creato da una mano imparziale.
Scenderà ancora il popolo degli angeli
a cacciare le tenebre
dal giardino degli giusti.
Mi hai tessuto l’anima
con fili di luci.
Il desiderio diventa passione,
se è accompagnato
dal rimorso di non averti mai.
Gente iniqua
si è avvicinata a me,
per corrompere il mio silenzio.
E’ un tesoro nascosto
il tacere d’amore.
Quei farisei dalle vesti sconce
non potevano arginare
il torrente della tua allegria
e delle tue beatitudini.
E’ capitato anche a me
di imbattermi con giudici
che non sopportavano
il mio tacere discostante.
L’albero delle mie vene
si è nutrito della tua Parola,
tanto da fruttificare grazie
copiose sulla terra.
In te, io sono uomo e Dio
contemporaneamente.
Io sono entrato
nell’harem del tuo dolore
per innamorami di te,
sposo della mia esistenza. Dipax
Ogni cosa osservavi
intensamente
per tirar fuori
l’essenziale nascosto in ogni persona.
Non hai scritto nessuna parola,
solo urla e zelo di passione,
eppur il tuo vangelo è una meditazione,
non solo per gli angeli
ma per l’intero universo.
Il vento,
la voce più ascoltata dalla natura,
ti seguiva nell’uragano
delle tue rivoluzioni.
Io traggo la luce,
dall’emanazione più essenziale
dei tuoi occhi.
La tua bellezza
abbinata alla mia infelicità
è una fonte di grandi intuizioni.
Un fariseo perverso
non catturerà mai
nelle sue mani
la tua onestà. Dipax
Il tuo ardire
è molto più alto del cielo,
molto più profondo dell’abisso.
Mi bastoni,
come i ciocchi spenti del camino,
a infiammarmi di luce.
La voglia di vederti
è più forte della stanchezza.
Galoppavi con il vento
per raggiungere ogni schiavo perduto.
Hai sfidato bufere
negli occhi degli empi.
Dormivi su pietre,
a volte, in piedi
con un occhio aperto,
come uno stallone.
Scopro in ogni istante
che la tua carne è la mia vita.
La luce mi ha promosso in paradiso.
Io m’innamoro
di tutto ciò che effondi,
ecco perché cerco
di continuo la tua Parola.
Anche una goccia d’acqua
riflette visioni arcane
che fluiscono il futuro.
Ora riconosco in me
qualcosa che cercavo
ansiosamente in te.
Ora dipingo i colori luminosi
che emanano dal tuo volto
schierato al sud della gente.
I tuoi desideri
volavano in alto
ascoltati soltanto
dal lamento dei gabbiani.
Non c’è nulla di affrettato
nella meditazione.
In essa c’è una vita vissuta
fatta di minuti attimi di letizia.
Il tuo sguardo assente,
rivolto lontano
nascondeva paesaggi velati di nebbia
e intricati di passi di esiliati.
Immacolato di speranza
sfidavi il vento
e sul tuo volto sudava
persino la sabbia del deserto,
dove venivi tentato persino dai diavoli.
Nella camera oscura
della tua anima,
spinata di sofferenza,
si compiva tutta la tua passione. Dipax
Nei tuoi occhi
ho scoperto
dov’ è nato il mondo.
Io riuscirò di nuovo
a fare abbracciare
il cielo e la terra.
C’è sempre un vulcano
dove si annida l’eruzione
di ogni maledizione,
un cratere che non dorme mai.
Io sono quell’operaio
dell’ultima ora.
Mi piace vedere gli altri sudare,
non voglio sporcarmi
le mie fragili e diafane mani.
Il tuo unico e generoso denaro,
di primo conio,
mi ha fatto cambiare idea.
Ora sudo l’Apostolato della preghiera
e custodisco cespugli di teologie,
penetranti
nelle vene dei miei rigetti.
Io ti ho rinnegato per paura
della vergogna del pianto.
Quel gallo mi ha sempre inquietato
e punito nelle mie notti oscure.
Io sono sulla strada del fango,
mi sporco la mente,
tuttavia aspetto che tu passi,
ho con me
un vecchio e consunto fazzoletto,
slabbrato di lacrime,
per detergerti la faccia.
Io ho sentito la tua parola
morire lontano da me
e ho taciuto
la tua croce e la tua morte,
perché non voglio mai seppellirti.
Ora però, tutto solo,
veglio l’eucaristia,
vera nascita nella mia carne,
vero Natale nel mio ventre.
Il mio corpo è il tuo tabernacolo,
aperto, trasparente
come un ostensorio,
mai blindato di potere e d’oro,
come a morire d’asfissia.
Io ti celebro
sull’altare mio corpo,
vero tuo corporale,
Natale della mia carne.
Ora tu sei mio figlio
e padre del mio stesso cuore. Dipax
O buon Dio,
nessuno si rassegna
a convivere con il dolore
che infiamma il nostro spirito
a liberarci dall’incerto.
Per coloro che cercano
in questa notte santa.
Per coloro che sono oppressi,
per coloro che sono arrabbiati dentro,
per coloro che sono
nel duro silenzio del martirio,
per coloro che cercano l’eterno nel tempo,
per coloro che vendono la carne
per uccidere l’anima,
per coloro che s’inebriano di sensi
per dimenticare di essere,
per coloro che non sono ascoltati
nelle ingiustizie,
per coloro che vivono morti,
perché non amano,
per coloro che non ricevono una carezza,
per coloro che non conoscono un sorriso,
per coloro che attendono una risposta
che non arriva,
per coloro che uccidono la mente
per non pensare,
apri, ti prego, o Cristo,
il tuo Natale a effondere
la tua benevolenza,
perché, nessuno escluso,
possa entrare nel tuo harem,
perché il silenzio è Dio
e respira come un canto. Dipax
Le buone idee si verificano
nella rivoluzione di ogni libertà.
Io vedo presente,
nell’oggi e nel domani,
tutto ciò che mi hai annunciato, o Cristo.
L’oscurità negli occhi degli empi
cela una vera minaccia.
Nell’amarti il mio cuore
non è più nel mio cuore.
Noi abbiamo annunciato la paura
e non possiamo sfuggire alla vendetta
di aver impaurito le coscienze.
Dubito che le aggressioni
contro le persone buone terminano,
poiché l’uomo resta schiavo del denaro.
Io odio le pitture a colpi di pistola.
Io rigetto tele commissionate dalle guerre.
Mi affaccio ai bordi dell’eterno
e mi stupisco nel contemplare
le stesse meraviglie che sono nella natura.
Dipingo le mie esperienze vissute.
Dipingo l’anima
di colori d’autunno
e nessuna foglia cade.
Lasciatemi nel deserto
a germogliare i sogni.
Lasciatemi nel silenzio
a comporre poemi e sinfonie. Dipax
Dialogo d’amore – 16
Mi stai perforando il corpo e lo spirito
di dolori atroci di luci.
Un istante di dolori dello spirito
è più di un anno luce.
La mente barcolla
a meditare l’infinito.
Ecco apro le tue parabole.
Io comprendo che la vigna
é la nostra vita, l’umanità
e non solo la chiesa.
Ti sei incarnato
a comprendere la passione umana
e a spiegarmi la redenzione.
Il giovane non sa
custodire la bellezza,
per questo hai creato l’eden.
Nel giardino dei tuoi pensieri
mi hai affilato l’anima
a renderla lama d’amore.
Ora posso colpirti il cuore
a succhiarmi tutta la tua vita. Dipax
Mentre Erode arringava sermoni,
tu parlavi con i gigli
e il corso delle acque
era il tuo discorso.
Nel tuo radicale agire
Io trovo sollievo
per le mie ansie e preoccupazioni.
Se vivo in te,
scopro che non esiste fatica
per la mia stanchezza
ma solo meraviglie.
Tu al mio spirito
dai ottima resa,
con il mio poco scarto.
Nel tuo costato
ogni chiasso
è ovattato di pace.
Tu Dio Infinito,
finito in croce
a morire d’amore.
In te
siamo cieli che vediamo,
siamo sinfonia
che ascoltiamo.
Al cuore
non si addice la morte.
La cattiveria
oscura più della notte.
Tu oravi con gli occhi
a regnare
nella valle di Gerico.
Perdura tuttora
lo stupore del tuo silenzio.
Nei tuoi sguardi,
mentre ti flagellavano,
scintillava il cielo
del tuo perdono
e del tuo amore.
Quando Dio e l’uomo
s’incontrano
accadono grandi cose.
Una frusta insanguina
l’infinito,
una lacrima di Cristo
ci rende divini.
L’altitudine dei valori
non appartiene alla terra.
Il nostro spirito
non svetta l’oltre.
Noi siamo vermi
a longitudine.
Cose vecchie conserva
Il nostro pianeta.
Tu figlio dell’eterno
sei figlio del tempo
e noi tempo
a renderci eterni. Dipax
Mi hai fatto entrare
nelle tue viscere,
a sentire il calore
dei tuoi gemiti.
Tu capivi
che morivo anch’io d’amore.
Ora mi perdo
nei miei fratelli
che credono ancora alla morte,
quando tu l’hai distrutta
per sempre.
Non crediamo ai tuoi misteri.
La morte
non uccide l’amore.
Non hai cacciato
dal tuo costato
nessuno di noi,
peccatori e prostitute,
empi e giusti.
Sei assurdo,
un pazzo autentico
ad amare
chi odia e chi ammazza
per gelosie
e per un non nulla.
L’uomo è vigliacco a se stesso.
Tu vuoi che nessuno si perda
nella cloaca dei peccati.
Tanti hanno punito
il tuo silenzio.
Non potevi svergognare
pubblicamente
un Pilato o un Caifa
che giocavano a scarica barili?
Tu, figlio di Dio,
in questa tua primogenitura
ci vuoi tutti fratelli.
Quante volte
hai posato il tuo orecchio
sul mio cuore
che palpitava spento per te
e tu mi hai operato
un overdose di spirito.
Mi hai fatto
martire dell’anima.
Ho imparato a morire
prima di crescere.
Tu doni la vita,
come una donna che muore,
partorendo un figlio.
Tu sei la mia contraddizione:
pensare è dimenticare,
amare è odiare,
vivere è morire,
figlio è padre,
luce non è tenebre,
grazia non è peccato.
Tu sei il sangue della mia grazia.
Tu sei tutto ciò che siamo
e tutto ciò che non siamo.
Io sono qui
in quest’oasi di silenzio.
Tu e io nudi
in quest’isola di carne,
nell’isola dei nostri sogni
e dei nostri baci.
Se tu sapessi
in quanti sogni
ti ho amato
e ti ho tradito!
Quante volte
ti ho gridato:
“L’anima mia ha sete
del Dio vivente,
quando vedrò il suo volto?”.
Tu conosci
le mie notti insonni,
mi hai vegliato
al capezzale
senza il tuo crocifisso
appeso alle pareti.
Tu stesso
me l’hai schiodato
e mi hai affrescato
nel soffitto
del mio animo
il Corpo tuo Glorioso. Dipax
Lasciami nel fango,
dalle pozzanghere
non fioriscono le stelle.
Lasciami,
non voglio insozzare
il tuo sangue.
Lasciami,
vermiciattolo qual sono,
ho tanta bava
che striscia
non solo
sotto i miei piedi.
Non ti affaticare,
per me un angelo
non può farmi
visite ogni giorno.
Tarperebbe a nero le sue ali.
Sono rattrappito di cuore,
ho la colonna vertebrale
tutta collassata
e per di più
lo spirito fuso d’oblio.
Dimenticare è vecchiaia,
nell’uomo c’è sempre
un’ignoranza di ritorno.
Non posso
mettermi in piedi
dinanzi al divino.
Non voglio tutta per me
la tua carne, o Cristo.
Lo so, la dai agli altri,
a tutti,
la dai ai nemici,
affinché ogni uomo
diventi Dio.
Io ero quel Lazzaro.
Preferivo vivere
nel sepolcro del mio cuore
e tu a strattonarmi con forza:
“Esci dagli sterpi
dei morti
e dalla paura dell’eterno.
Io ero quel paralitico,
sventrato dal tetto
della mia mente
di idee infradiciate
e tu mi hai scoperchiato
il capo di superbia
per mettermi tutto in piedi.
Ho buttato all’aria delle ortiche
le stampelle
dei miei poemi.
Piangeva il tuo cuore
sotto le mura diroccate
di Gerusalemme.
La tua nascita
è stata la nostra esistenza.
Nasciamo d’amore
e non di peccato.
Tu, cuore senza confini,
mi hai insegnato
che tu sei madre, sei padre,
sei sorella, sei fratello;
sei terra, sei stella, sei universo,
sei cellula,
sei atomo
più minuto di un sospiro.
Eri mandorlo fiorito
per le giovinette d’Israele.
Mentre i ragazzotti
coglievano
fiori di pesco,
tu li ammonivi:
“Non strappateli!”.
Per te anche un fiore era Dio.
Tu mi credi che Cristo
era assetato della terra
più di me? Dipax
La tua pazzia è stata la mia carne
e ora vivo della tua estasi.
Io, non cieco nato,
con gli occhi sfuocati
dal dolore e dalle lacrime
vivevo l’inerzia della fede
e tu m’illuminavi a credere
all’impossibile della liberazione.
A Gerico contemplavi
tutto solo
le colline sagomate
di luce calda di tramonto.
Dal cielo sei sceso a Betlemme,
per essere massacrato di sangue.
Ti prego non ritornare,
ti ucciderebbero ancora.
Tu sei quel Servo
del Grembiule della chiesa.
Tu sei quel Samaritano
che i sacerdoti e i Leviti
si vergognarono di essere.
Io ero quel Levi
sulla vetta
dei miei orgogliosi pensieri
e tu sei asceso
nelle mie viscere
a rovesciarmi di Dio.
Io ero quel pozzo di Giacobbe,
sempre pieno di orgoglio
e tu, nella mia sterilità,
mi hai consacrato
di Spirito e Verità.
Io ero quel fico secco
senza frutti
e hai avuto pazienza
a germogliarmi
di rigogliosi sapori.
Io ero quel cieco
ad aspettare l’eterno
ai bordi del tempo
e tu mi hai tuffato
nel battesimo di salvezza. Dipax
Cristo con la sua umiliazione
mise a posto il mondo.
La sua presenza fu un vero scandalo
da suscitare l’ira dei potenti.
Sfidò la morte,
l’uccise,
l’amò,
l’abbracciò,
ma non morì nel sospiro,
urlò nel suo cuore
la risurrezione e la vita eterna.
L’uomo che non comprende
la morte dell’altro,
non potrà mai capire la sua?
Cristo morì,
perché era malato d’amore.
Sulla tua croce
si è acceso in me la speranza;
dopo i santi,
bramavo l’estasi anch’io
a contemplare la tua faccia,
pur insanguinata
di fango e di passione.
Le nozze dell’agnello
si celebrano
sul letto della tua croce.
Eri giovane,
e non sei morto mai,
non ricordi nulla del sepolcro,
eri soltanto un uomo risorto.
Nero di occhi e di capelli,
geloso amante di tutte le donne.
Il tuo volto incantava
come l’aurora
e le spose timide,
con le loro mani,
sorridevano velando
non solo i loro occhi
neri e passionali.
Mi abbracciavi nel tormento
e dolore più non sentivo.
Così in mezzo ai lupi
io rimanevo un eterno agnello.
Vestito di carne di peccato
mi consacravi di grazie.
In una cella di obbrobrio
ho conosciuto
tutto ciò che i profeti
avevano annunciato nei secoli. Dipax
Tu eri così labile
dinanzi all’odio
delle città
di Massa e Meriba.
Ti abbiamo vinto
con le nostre bestiali passioni.
Vasto eri il tuo amore
e non potevi entrare
dentro il labirinto delle nostre vene.
Noi siamo fatti di desideri,
non ci appartiene l’immenso
che tu volevi donarci.
Ancora oggi noi non vogliamo
che tu ci invadi dentro
con tutte le tue mani
a sradicarci la paura di essere stolti.
Noi siamo sclerotici di mente,
per questo facciamo finta
che tu non esista.
A tutti noi conviene rinviare
la soluzione nell’al di là,
nel dopo che viene già.
Io davvero non faccio ciò che voglio
ma ciò che non voglio.
Scommetto
che tu non sai sciogliermi
questo annoso dubbio di nodi.
Per sentirti non occorrono gli occhi,
io avverto che tu mi sfiori le labbra,
per baciarmi persino nel peccato.
Io vivo di sangue
e tu ti sei fatto carne
per farmi Spirito.
Dentro la luce mi è nato
un amore pazzesco
per il tuo fascino.
Sono fritto,
in ogni sospiro
ho bisogno di te,
tanto oserei da rubarti in cielo,
per averti in qualche modo
per sempre in me.
Mi scusino gli angeli,
se rapino tutto il cielo. Dipax
Scalpitavi nelle vene degli universi,
prima di scendere in mezzo a noi.
Mi hai insegnato
a guardare negli occhi
della gente e a penetrare i firmamenti.
Nei tuoi occhi l’uomo
ha scoperto il pensiero
e d’allora ha dubitato persino di te.
Ero una carcassa di carne,
quando la tua mano
mi plasmò di luce.
Negli occhi dei farisei è nata la paura:
la paura che gli altri potessero
leggere ciò che si pensa
e allora ci siamo fatti tutti schiavi,
uno contro l’altro,
per nascondere
la nostra misera esistenza.
Tu eri il liberatore
di questa arcana paura,
ma nessuno ti ha creduto
e per questo ti inchiodarono,
affinché tu non potessi
più leggere nei nostri occhi.
Nel tuo respiro
la morte è divenuta polvere. Dipax
Io mi accorgevo
del mistero di grazia
che abitava in me:
“Come facevo a non peccare
nella mia disperazione?”.
Tu, uomo del dolore,
mi hai insegnato
a non peccare nella mia condanna.
Tu eri felice di dormire
sul mio petto,
più duro di una pietra,
dove crescevano lavande di lacrime,
ciclamini di sangue
e candidi roseti di spine.
Tu eri la grazia
e i farisei per gelosia
ti sputarono in faccia
tutta la loro rabbia.
Li hai distrutti,
con tutte le loro ostinate prove.
A pezzi osarono presentarsi
con gli Erodiani,
calpestati dalla loro stessa moneta. Dipax
Per incontrarmi
ti sei vestito di cenci,
per non umiliarmi
con la bellezza della tua regalità.
Nessuno si è accorto
che tutto l’universo
era appena una frangia
del tuo mantello.
Sulle strade della gente
ti sentivo puzzolente
di fatica e di sudore
per soccorrere
prostitute e ubriaconi.
Eppure, tu cencio di barbone,
i miseri per il tuo volto
impazzivano di candore
a toccarti.
Ti cercavano, ti odiavano
e ti amavano
perché tu eri l’eterno disubbidiente
ai potenti e alle cose della terra.
Anch’io impazzivo
a essere disobbediente,
come i tuoi pensieri. Dipax
Dialogo d’amore – 3
Anch’io ti ho visto,
fatto ignudo
dall’incredulità della gente.
Ti ho visto d’oro
nelle basiliche
gelide d’amore.
Ti visto pazzo,
come giullare
nelle grasse risate dei palazzi.
Non so proprio
perché sei innamorato
dei pezzenti.
Non so proprio
perché sei dentro di me.
Hai reso persino gli angeli
gelosi del mio cuore.
Sei lo sposo della mezzanotte,
quando la mia lampada
è ormai spenta.
Non ti importa
del mio stato d’inferiorità,
di avvilimento e di fallimento.
Io sono tutto per te.
Hai gettato
una manciata di sale
sulle mie aperte ferite
e hai seppellito nel nulla
tutti i miei drammi e peccati.
Di olio hai unto
i miei capelli bianchi,
arricciati di stanchezza.
Io non ti ho mai ascoltato,
perché nella torre di Babele
nessuno dei due
ascolta l’altro.
Nessuno si è accorto in Palestina
che tu eri il figlio dell’amore,
quel figlio che tutti noi cerchiamo
nel vuoto della nostra esistenza.
Io ti ho visto scendere
dentro l’ ombra della mia carne
e risalirmi dal baratro
sulle tue spalle.
Hai percorso a lungo
le intricate longitudini
del mio morto pianeta,
per trovarmi chiuso
dentro il parallelo del mio egoismo. Dipax
Dialogo d’amore – 1 -Inizio
Io che sono stato crocifisso
tra i malfattori,
io che sono caduto
sotto la condanna dell’ipocrisia,
io che sono piombato
dentro le tenebre delle ingiustizie,
io coperto di sputi,
io emarginato nella vergogna,
io che l’ho seguito
senza parlare,
io che dentro la croce
sono divenuto suo discepolo,
io davvero
ti posso parlare di Lui.
Io non lo conoscevo,
ora io lo conosco.
Ha invaso le mie notti insonni.
Mi ha lottato a suicidio,
perché potessi innamorarmi di lui.
Ho litigato con lui
tante e tante volte.
Non è riuscito
a convincermi nella gioia.
Mi ha vinto nel dolore.
Da quel momento
è stato un dolce mio amico.
Mi ha asciugato le lacrime,
mi ha sorretto salendo
sul mio letto a castello
in prigione,
dove davvero l’ho incontrato.
Ha accarezzato
più e più volte
il mio volto avvilito
dalle ombre delle cattiverie.
Sono morto
un’infinità di volte
dentro i miei dubbi. Dipax
Dialogo d’amore – 2
Io pensavo
che fosse mio
ciò che pensavo,
ciò che soffrivo.
Sono divenuto subito vecchio
dentro la croce della vergogna.
Io ti cercavo nella gioia,
tu hai preferito
il nostro fidanzamento
sul patibolo dell’ignominia.
Mi hai fulminato gli occhi
con i tuoi raggi d’amore.
Agli occhi della gente
sono divenuto vecchio di peccati,
dentro invece
tu mi rendevi giovane di grazia.
Il tuo incontro è stato
un’altalena
di vecchiaia e di giovinezza.
Vecchiaia di morte,
giovinezza di nuova vita.
Questo ora tu sei.
Questo ora io sono.
Questa è la mia fede in te.
Tu mi cerchi ancora,
perché non ti sazi mai
del mio povero amore.
Ti ho cercato
tra le ombre delle sbarre.
Tu ti nascondevi
dietro un raggio
per non farti vedere,
e io ero certo
che tu eri là,
dentro i raggi delle mie lacrime.
Ma chi sono io
da farti impazzire d’amore?
Ecco ho visto il tuo volto,
un viso pesante,
un volto umano,
un viso denso di preoccupazioni,
un volto che pensa
le cose di Dio,
un volto che pensa
le cose di questi miei amici disperati.
Eppure nel gelo
del mio cuore
hai arso il fuoco
del tuo Spirito.
Come vorrei che questo ardore
bruciasse tutta la chiesa.
Mi hai infiammato
da incendiare il carcere
e renderlo sacro.