Ora esco
e mi libero dal mio egoismo.
Sono in camera
e scrivo avvolto in un soffice piumone,
mentre su una panchina difronte alla chiesa
un barbone muore di freddo,
avvolto nei cartoni.
Impietrito di amare
grido la mia preghiera stanca.
Rigido è il corpo del barbone
e io sono più gelido nel cuore.
Abbiamo seminato rovi
e raccogliamo spine.
L’accarezzo e gli do la mia benedizione.
Una chiesa chiusa,
sento il suo ultimo respiro che esce dalle vetrate,
una chiesa morta di denaro
non può mai riscaldare.
Siamo in due a stringergli
quelle mani fredde.
Gli angeli nel petto
gli hanno seminato delle ali.
Fuori nasce dentro di noi la nuova Betlemme.
Ora lui lassù è un cherubino annunciante:
“Per troppo tempo sei rimasto chiuso di paura.
Esci nella notte di Natale,
anche un seme spezza l’asfalto per germogliare”.
Ora esco, non solo il cuore,
e la piazza si riempie di speranza.
Siamo piegati sotto il potere
ma nessuno ci può spezzare,
siamo dei fili di luci di carità. Dipax