Amici, fate parlare il mio cuore. Sono innamorato di Cristo. Mi ha sezionato tutte le mie membra. Ho messo a custode del cuore, il suo Vangelo. Io non cado nel puerile. Ho messo il vero custode al cuore: la sapienza del Vangelo. Ho sfogliato tutte le pagine della terra. Non mi sono saziato. Mi sono soltanto avvilito. Ritornerò alla carica con lo spirito del Risorto. Allora mi apro alla sua luce e non chiudo il giorno che non tramonta. C’è forse un custode più saggio di questo? Amici, fatemi parlare con il cuore. L’innamorato non è puerile nell’effondere emozioni e sentimenti. Io amo Gesù Cristo, mi distrugge, non posso dimenticarlo. Io amo Gesù Cristo e come non posso soffrire nel contemplare il suo volto agonizzante? Nel suo, ci sono tutti i visi agonizzanti dei secoli. Come non posso patire nelle sue mani insanguinate? Come non posso lenire, con le mie lacrime, i suoi piedi inchiodati? Amici, fate parlare il mio cuore. Ho sentito i suoi palpiti infuocati nel mio petto. Non solo una freccia, come a quella donna che ha rinnovato l’Ordine del Carmelo. Amici, fate parlare il mio cuore. Lui più volte si è commosso nell’entrare nel costato squarciato di Cristo. Amici, fate parlare il mio cuore. Il Nazareno è morto palpitante amore per me. Amici, io ho risposto alle effusioni del suo ardore. Quale persona non piange dinanzi al suo amante ferito? Io non posso non corrispondere al fiume delle sue lacrime. Lui mi ha ferito con strali immortali. Amici, fate parlare il mio cuore. Dentro il mio petto lacerato ha vibrato spasimi d’amore per me e per tutti noi. Tanto è il mio pentire, da cadere ai suoi piedi. Ho lavato i suoi piedi con le lacrime del mio spirito. Chi ama, abbraccia. Io l’abbraccio in ogni dove, di giorno e di notte, sempre e ovunque; nel canto e nella preghiera; nel lavoro e nel dolore; con le lacrime e con il sorriso; con il silenzio e con il non tacere. Amici, io non so che cosa farà il mio cuore. E’ più di un lupo solitario. Vuole scendere nelle piazze a cantare il suo amore crocifisso. E’ impazzito. Sento di essere ancora più folle nel dargli sfogo. E’ impazzito e io ho timore di lui. Non so dove andrò a finire. Vuole dentro di me tutte le piaghe del cuore del Nazareno. E’ impossibile, ma io non so dire di no a nessuno, tanto meno a Dio. Amici, aspettatevi tutto da questo cuore. Gli usciranno strali infuocati che bruceranno non solo le eresie dell’odio. Io non so più governarlo. Ora tace, ora palpita a collassi. Ora è quieto, ora urla. Ora s’interessa, ora s’indigna. E’ squilibrato. Non è più umano. E’ impaziente, come ogni pazzo d’amore. Al mattino mi abbraccia e a sera mi stritola di baci. Io non so più come comportarmi con lui. Io non sono altro che un povero amante. Lasciatemi piangere. Lasciatemi illudere. Lasciate che le mie vene s’infiammino tutte. Io non sono altro che un povero amante. Più misero ancora, perché amo Dio. Tanto amo, da essere importuno persino all’Amore. Il mio sguardo è nuziale. I miei passi, con le lucerne accese, sono sponsali. Amici, non ho dimenticato di conservare l’olio in piccoli vasi, non più di terracotta. Amici, io amo Dio. Scusatemi, se non mi capite. Scusatemi, se sono folle del cielo. Io che ero l’artista e il guerriero della terra. Ora mi mancano le parole per lottare. Sono divenuto mite da accettare ogni malfattore. Ora ho soltanto versi di perdono. Qualcuno mi rigetta ancora nel bello lampo della Geenna. Come capire l’amore? Io vivo l’amore senza capirlo. E’ l’assurdità. E’ la stranezza che neanche San Giovanni della Croce ha subito. E’ la via che neanche S. Teresa d’Avila ha percorso. Io, insanguinato di spirito, cammino fermo verso Dio. Cammino, senza sapere amare. Cammino, senza mai giungere alla meta destinata dal tempo. Non capite? Non ho più piedi, né mani per seminare sui sassi o sui rovi. Non capite? Cristo ha seminato le sue lacrime dentro il mio cuore. Amici, le conservo nel profondo, dopo aver venduto tutto quello che ero e Cristo, d’allora, mi ha inspirato tutto nel suo costato. Vuole che io resti, come un tralcio, innestato dentro il suo cuore. Sono appena una vena del suo corpo glorioso.
Paolo Turturro