Si fa più fatica a essere maschere che uomini.
La maschera nasconde quello che tu sei e ti riveli falso a te stesso.
La maschera della liturgia è il palcoscenico delle parole mute.
Siamo senza la Parola e quindi muti a mascherare persino la grazia.
Muti, destinati al collasso.
Muti, in una chiesa bisognosa di un trapianto dello Spirito santo.
Muti, senza un bypass che ci ossigeni di grazia.
Muti a essere scheletri liturgici,
dove la Parola rischia di essere ossa senza carne.
Muti ad attendere la rinascita della chiesa del Risorto.
Cristo s’incarna in noi non solo come spirito a farci paura,
ma carne della nostra carne,
respiro dello nostro respiro.
Muti nell’attesa della nascita del Risorto.
Muti ad adorare dinanzi il tabernacolo
Colui che ci abbraccia di calore.
Adorare la Parola, per sterilizzare le nostre sfatte di cenere.
Muti in ginocchio,
nel pianto della gioia di un Dio bambino nel nostro grembo.
In questa notte il firmamento non è muto di luce.
Il guerriero della luce è questo Bambino
che c’infiamma di grazia.
In questa notte di armonia
non siamo più muti, né sordi.
Ho pianto il silenzio
e le lacrime sono divenute
autostrade di grazie.
Ultima “solitudo” è la mia forza.
In questo silenzio di solitudine si apre la visione di Dio in me. Dipax