Alla pieve del Gran Sasso
“Per Cristo ho messo in gioco tutta la mia libertà” – così iniziò l’omelia del Mercoledì delle ceneri, il prevosto della pieve di sant’Alberto al Gran Sasso.
Era la pieve di numerosi pellegrinaggi. Lassù la neve toccava il cielo a gelarlo di ghiaccio.
Eppure i pellegrini non si scoraggiava a salire sull’impossibile.
Impose le ceneri a centinaia di devoti, poi con Giuseppe suo amico, digiunarono ai piedi del Gran Sasso. Giuseppe, amava il campo Imperatore. Ammirava i panorami verdeggianti di candelabri fioriti di ginestre. Uno spettacolo all’aurora che quietava il suo spirito. Don Liberio, il prevosto della pieve, spesso saliva con lui con la funivia e contemplando gli abissi di neve, scriveva gli appunti per le prediche domenicali.
Una sera, al rosso di un tramonto, Giuseppe gli chiese:” Perché il Signore prende i più buoni e lascia tra noi i più cattivi?”.
“Dici questo per la tua fidanzata, ormai volata in cielo? Guarda,laggiù, quell’incanto di fiori, rispose don Liborio, se dovessi scegliere per la tua fidanzata quali di essi coglieresti?”.
“I più belli e i più profumati, rispose Giuseppe:
“Vedi, così è Dio!”. Poi salirono sulla pieve e si addormentarono tutti e due in canonica, al camino acceso delle stelle. Dipax