Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e salì sul un alto monte, in disparte a dialogare con loro. L’incontro divenne più aperto. Un dialogo di silenzio, un colloquio intimo, personale da travolgere le persone. Dai gradini dell’altare il cielo diventa più vicino e i tre amici sognano Dio. Non è possibile vedere Colui che non si può vedere, ma tutto è chiaro a chi crede. In quel incontro intimo è più semplice il divino, è più evidente l’inusuale. Gesù si trasfigura, più candido della neve, più trasparente delle vesti bianchissime. E’ evidente la trasparenza. E’ bello vivere di Dio. E’ il miracolo dell’immagine, è il mistero dell’assoluto. Tutta l’atmosfera è reale. Cristo è là, tra Mosè e Isaia. I tre dialogano senza parole, la storia diventa realtà. La storia è presente, è così limpida da riempire i cuori. Nulla dicono dell’ineffabile, non si può dire, è reale nel cuore, e basta. Pietro tenta di parlare:” Signore, è bello qui, Costruiamo tre tende, una per ciascuno di voi e noi qui a contemplare. Ci basta questo istante, per capire tutto. Un istante di cielo, per capire ciò che in cento anni non si può comprendere. Sul Tabor comprendere l’invisibile. Sul Tabor morire d’amore. Sul Tabor divenire amore. La realtà è ben diversa, su scendiamo a valle, a vivere ancora il presente, a vivere ancora il tradimento. I tre dimenticano tutto il poema del divino, il poema dell’incanto. Sono ancora a terra, hanno vissuto l’ineffabile, senza nulla comprendere. L’invisibile è ancora imprevedibile. Eppure hanno visto, ma devono ancora toccare.
Paolo Turturro