Quel che resta del paradiso
Resta ancora tutto. Nonostante l’uomo. Non cerco un angelo dalle ali verdastre. Non cerco il paradiso perduto. Il Signore mi ha voluto un’anima errante. Non da perdere. Solo da macerare dentro il non esistente, l’effimero. Il placebo del tempo. Non entro nel gan – eden per la retribuzione. No, i meriti del tempo per possedere l’eterno sono veramente banali e inesistenti. Quali meriti possono invitarci al banchetto dei giusti? Né voglio andare al banchetto del Leviatano, dove uomini dalle teste di animali bevono ambrosia o suonano pifferi, arpe e violini. No, non voglio andare nel banchetto del Leviatano, dove mostri con spade sventrano ancora. Sono il pellegrino della pace. Non sono il poeta del nuovo, del sempre divenire. Poeta che consuma intuizioni per la ricerca della più vera. Non suonerò arpe. No sgozzerò agnelli. Non alzerò trombe. Non leverò mani. Non uscirò da un tempio, né da una tenda. Starò in silenzio dinanzi a un soffio leggero del vento. Starò in silenzio dinanzi all’impercettibile. Esserci è già un miracolo. Anch’io vorrei correre nella mia vita con una fiaccola in una mano e un secchio d’acqua nell’altra. Per incendiare i frutteti del paradiso e spegnere l’inferno. Le due utopie che ci impediscono di annientarci in Dio. Qui sulla terra ci liberiamo dell’inferno. Là, nei giardini dell’eden dei nostri paradisi ideali-astratti. Dentro ho un urlo di carne. Vi mando canti e segnali mai visti. Dentro sono un immenso. Potete entrare. Non finirete mai di viaggiare e di scoprire. Il viaggio è lungo. In questo paradiso troverete tutto quello che vi occorre, anche di più. Però è solo di terra. Su, venite. Non solo la mia anima è pronta, ma tutto il mio corpo. Dentro è spazioso. Ci sono folle e moltitudini. Contiene quasi un universo, l’universo che deve essere ancora creato. Su, venite. E’ un paradiso tutto diverso. Non ha gironi. Non ha angeli biondi. Non ha estasiati. Venite, è tutto nuovo. Io non so neanche descriverlo. Solo tu che entri puoi sapere e conoscere.
Paolo Turturro