La tua pazzia è stata la mia carne
e ora vivo della tua estasi.
Io, non cieco nato,
con gli occhi sfuocati
dal dolore e dalle lacrime
vivevo l’inerzia della fede
e tu m’illuminavi a credere
all’impossibile della liberazione.
A Gerico contemplavi
tutto solo
le colline sagomate
di luce calda di tramonto.
Dal cielo sei sceso a Betlemme,
per essere massacrato di sangue.
Ti prego non ritornare,
ti ucciderebbero ancora.
Tu sei quel Servo
del Grembiule della chiesa.
Tu sei quel Samaritano
che i sacerdoti e i Leviti
si vergognarono di essere.
Io ero quel Levi
sulla vetta
dei miei orgogliosi pensieri
e tu sei asceso
nelle mie viscere
a rovesciarmi di Dio.
Io ero quel pozzo di Giacobbe,
sempre pieno di orgoglio
e tu, nella mia sterilità,
mi hai consacrato
di Spirito e Verità.
Io ero quel fico secco
senza frutti
e hai avuto pazienza
a germogliarmi
di rigogliosi sapori.
Io ero quel cieco
ad aspettare l’eterno
ai bordi del tempo
e tu mi hai tuffato
nel battesimo di salvezza. Dipax