Grazie, padre G. Ribaudo

50 anni di Sacerdozio

Il tuo dialogo, padre Giacomo, con Cristo non si limita a riflessioni puramente teologiche sempre più rigide sulla fede, a scapito dell’amore e della carità. Il tuo dialogo nasce dall’affetto e dalla sua amicizia. Tu e Lui siete sempre stati dei buoni amici. Siete dei buoni amici e vi confidate tutto dei vostri giorni e della tua vita. Tu sei salito su altezze  immaginabili, come Colui che ascende sulla montagna di Cristo.

Tu hai vissuto la salita dell’amore verso il popolo santo di Dio. Non hai dimenticato, nella salita della sapienza, l’umiltà della saggezza. Tu ci hai insegnato l’unica via della salita a Cristo, la via della croce. Tu davvero hai scalato il monte dell’incomprensione.

 

Hai avuto amici santi, come il curato d’Ars, il tenace sant’Agostino, il semplice san Francesco, il dotto san Tommaso. Oh! Non ti sei limitato soltanto alla sequela del passato. Tu hai camminato con i passi di Giovanni XXIII, con l’ardire di Paolo VI, con il coraggio delle pagine del Concilio Vaticano II; pagine che pur agitate dal vento sono rimaste sempre incarnate non solo nella tua mente. Hai cantato con l’assemblea delle tue comunità la Primavera dello Spirito santo.

 

No, non ti sei ridotto a scrivere pagine morte del passato. I tuoi libri sono sorgente di coscienza, fonte di bellezza, spaccati di dubbi e di incertezze. Fogli aperti all’uomo, dove convertiti dentro, ci assapori di latte e miete dei libri sapienziali. L’ardire di riscrivere i Salmi oggi, mi è esploso dentro il coraggio di riscrivere i fatti del vangelo. Certamente tu hai immaginato che Maria da sola non è andata da Elisabetta. Da sola sulla montagna pericolosa, dove le rocce notturne velate di raggi di luna, impaurivano a  ghirlande di pungi topi e di erbe parietarie.

Così mi hai suggerito dentro questo presepe celestiale:

 

Due uomini che profetizzato,

uno con il silenzio e l’altro con il dialogare con l’angelo: Zaccaria e Giuseppe.

Due donne incinte: Maria, la Bonaccia; Elisabetta, la Casa di Dio.

Due nascituri: Giovanni, il precursore; Gesù, il Figlio di Dio.

Scena stupenda e angelica da paradiso.

Maria la pace che abita nella Casa di Dio.

 

No, non posso dimenticare la tua Tele Regina, da quando a Villabate mi hai invitato a presentare Dipingi la pace. Non è spenta l’antenna della Vergine Immacolata. Maria non ti ha abbandonato. Si accenderanno altre luci. Carissimo padre Giacomo, tu sai che, dopo aver fatto tutto, siamo dei servi non capaci di generare la grazia. Ammiriamo la bellezza dell’Ordine delle Vergini. Ci stupisce la rinascita dell’Ordine delle Vedove.

 

Con la tua testardaggine di amore mi hai sostenuto in questi ben 16 anni di martirio.

Cantare questi nostri giorni è un’impresa ascetica che solo i poeti di altri tempi potranno ardire. No, non canterò le mie lacrime versate sui tuoi fogli CNCT. No, non canterò i drammi che tu hai condiviso nel tuo animo. No, non canterò le ingiustizie che due preti possono svelare. Non ho tempo a pensare al male. No, non ho tempo a leggere le pagine delle ingiustizie. No, non ho tempo a uscire dal dolore, quando ancora manca a tanti la felicità. Abbiamo tanto da raccontare di ciò che abbiamo contemplato sul monte della Carità. Abbiamo tanto da estasiare nel costato del Crocifisso, da dove, dalle fessure delle costole della sua Parola, escono armonie e sinfonie di altri luoghi, di altri stati d’animo. Abbiamo tanta sicurezza da effondere alla nostra Chiesa, pellegrina nel vangelo. Abbiamo tanto da costruire con Dio nella nostra società a misura d’uomo, come il nostro don Corrado ci suggerisce. Siamo al terzo giorno e la luce dei nostri giorni si spegne. Eleviamo il candelabro della Parola. Innalziamo l’Ostensorio del nostro cuore, dove Cristo vive per sempre e dove ognuno può contemplare l’ineffabile, eredità di ogni uomo. Saliamo su “l’Alto Monte”, dove urlare l’innocenza e la libertà. Quel monte è Cristo che sempre ci ha protetti, che sempre ci ha dato rifugio, coperti dalle sue stesse ali.

 

No, carissimo padre, nessuno ha spezzato le nostre ali. Nessuno ha tarpato il nostro cuore. No, non ci siamo avvelenati di denaro. No, non ci siamo abbrutiti di successi. No, non ci siamo inorgogliti di parole. Torrenti di acqua pura sono scaturiti dal costato del nostro pensare. Fragranza di pace sono state le nostre azioni. No, non abbiamo dipinto solo la pace, l’abbiamo incarnata con il nostro silenzio, con il nostro accettare le persone moleste, con il nostro lacrimare di incomprensioni e di amare prove. Non ci strapperanno alcuna costola a venerarci di tempo. Non ci spareranno più. Le nostre parole sono vomeri che zappano terreni fertili, per germogliare come tralci rigogliosi e uniti alla vita di Cristo.

 

Quante adorazioni nella solitudine del nostro cuore! Quanti intimi rapporti con Colui che ci ha sedotti alla libertà, alla pace e alla giustizia. Quanta misericordia abbiamo sentito vibrare dalle corde del cuore di Cristo, per noi e per tanti che ci hanno oppresso di giudizi. Quanta libertà e serenità abbiamo infuso nelle donne divorziate e ferite di aborto. Il tuo corpo è un palazzo dalle mille finestre, da dove escono fessure di luci di conforto, di sostegno  e di energia umana e spirituale.

 

 

Tutto dentro ti arde di Lui. Poni a custodia del tuo cuore il tuo amato Crocifisso. Anche tu hai vissuto, come ogni sacerdote, “La notte oscura dell’anima”. No, non hai letto soltanto il poema di san Giovanni della Croce. Hai schiarito le tenebre agli incerti e agli smarriti con il coraggio del cuore. La tua parola è germogliata sempre dal vangelo. Nulla ti porti addosso. Sei libero come un gabbiano che ama volare oltre e altrove. Nel lungo tuo peregrinare, da un impegno all’altro apostolico, ti sei portato dentro il cuore il sorriso della gente e la stretta di mano dei sinceri ringraziamenti.

 

Quanta voce nei tuoi libri! Quanta voce nel tuo CNCT! Non ti hanno scalfito per nulla le tante critiche e le incomprensioni. Anzi ti hanno dato più slancio ad amare la verità negata persino nelle chiese chiuse di paura. Quanti silenzi nel tuo animo offerti, per convertire e fare sacro ogni cosa. Il tuo volto ha sempre illuminato di serenità e di certezza ogni persona che entrava per sempre nel tuo dialogo leale. Verrò sempre a baciare le tue mani, dove ogni giorno s’incarna Cristo, come nel seno della Vergine Maria. Avrò la gioia di benedirti, io che sono benedetto dal Signore, asceso alla sua croce. Tu sei nel cuore di Cristo e il tuo cuore è di Cristo.

Ti abbraccio stretto forte a me, con la stessa forza del Risorto benedicente.

 

  1. Paolo Turturro.

 

Noi Piccoli della pace ti ringraziamo per il difficile e gioioso cammino che ci hai permesso di fare nei momenti più ardui di Dipingi la pace.

Grazie. Dipax

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *