Si chiama Santa, la nobile nonna del palazzo Mirto.
Il palazzo era la via en rose per serate danzanti e per le grandi cene di gala.
Le stanze affrescate affascinavano gli invitati. I giardini di sera illuminati di fiaccole profumate creavano un alone di magia attorno alla villa.
Eppure Santa nella sua dignità non rivelò mai a nessuno il fallimento in cui i suoi figli si erano inabissati.
La dignità resta soprattutto quando i soldi mancano. Non smetteva di sorridere. Non smetteva di sperare. Non smetteva di consigliare i suoi figli, che mai rimproverava.
Non smetteva mai di soccorrere i bisognosi e chiunque bussava per un pane.
Ha speso tutto per guarire suo nipote Tommaso, mangiato dall’ingordigia dei medici e dalle continue operazioni. Al suo carissimo nipote gli erano rimasti sano solo gli occhi. Eppure non smise mai la solidarietà per i più poveri. Vendette persino un pezzo di giardino nella Conca d’Oro, per il trapianto dei polmoni di un ragazzo non accompagnato del quartiere Borgo vecchio.
Tuttora si interessa e chiede come va questo suo acquisito nipote di strada.
Mette in pratica l’avventura del Buon Samaritano e si arricchisce dinanzi a Dio. Ripeteva sempre ai suoi figli: “Non arrendetevi mai, come le onde del mare. I tesori della nostra casa li lasciamo a terra dietro la nostra bara.
Io vorrei morire con le mani aperte e vuote. Nuda sono nata e nuda voglio ritornare a casa.
Paolo Turturro