XIX Domenica del tempo ordinario
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La tempesta
La tempesta scende nel cuore.
Quante tempeste nella nostra vita!
Passiamo quasi tutti i nostri anni
nella caverna dell’inconscio,
senza sapere nulla del senso del dolore,
del senso di ogni tempesta.
Anche noi, come Elia,
sentiamo l’invito del Signore
a uscire da noi stessi
e fermarci sul tuo monte,
cioè sul monte della nostra coscienza.
C’è sempre un vento impetuoso
e gagliardo lassù,
da spaccare la mente,
da spaccare non solo i monti e le rocce.
Ma il Signore non è nel vento.
Ecco il terremoto dell’abbandono,
ma il Signore non è nel terremoto.
No, il Signore non è nei disastri.
Ecco il fuoco dell’odio,
ma il Signore non è nel fuoco
del nostro odio.
Dopo il fuoco il sussurro
di una brezza leggera,
lì, nella semplicità della vita
il Signore è presente.
Anch’io mi copro il volto
con il mantello,
dinanzi all’incomprensibile.
Esco dalla caverna di me stesso
e incontro la luce del Signore.
Non dormo nella coscienza,
non mento dentro lo spirito.
Vorrei essere anch’io anàtema,
pur di salvare chi mi ha gettato
nell’abisso delle calunnie.
Tu non dormi, Signore!
Strano che tu, il Signore della vita,
dorma su una barca.
Dovevi essere davvero troppo stanco
per quella folla senza pastore,
da stancarti e piombare nel sonno
anche in una tempesta.
Agitata è la mente
in
ogni burrasca.
Agitato è il cuore
in ogni discordia,
Agitata è la giornata
in ogni problema.
La barca è quella vita
dove tutti noi navighiamo.
La barca è quella sicurezza
in ogni frastuono della nostra esistenza.
Sul finire della nostra vita
tu vieni,
camminando anche sull’impossibile.
Tu vieni
e per noi sei un fantasma,
un’allucinazione.
Ma non è così!
Sei proprio tu.
Cammini sul mare,
cammini sull’impossibile del nostro credere.
Sono sconvolto dinanzi a tante bufere.
Sono sconvolto
dinanzi a una cella dove tu mi vieni a trovare.
Lì, mentre soffoco
e quasi affogo, tu vieni.
Vieni e con delicatezza mi sussurri:
“Coraggio, sono io, non avere paura!”
La paura scompare dal cuore
ma le catene mi legano ancora le gambe.
Tutti noi gridiamo nell’impossibile
dei nostri sogni:
“Signore, sei proprio tu!”
No, non ti chiedo di camminare sulle acque.
Il vento della massoneria è ancora più forte
e io ho paura, Signore, di affogare
ancora nella loro ingiustizia.
Ecco, affondo!
Signore, salvami!
Uomo di poca fede io sono.
Salvaci, Signore dalla tempesta della corruzione.
Salvaci, Signore,
dalla tempesta della massoneria.
Facci uscire
dalle caverne delle nostre chiese.
Facci uscire
dalla caverna delle nostre paure.
Grazie, Signore!
Sono salvo,
siamo salvi nelle tue mani.
Paolo Turturro