Leggi il giornale di aprile 18
n. 59 Basta (dayenù) amare
Io vinco e calmo la malvagità con frecce di compassione.
Convincere ad amare è la vittoria di ogni uomo.
Cristo, la tua vita è d’ingombro dinanzi alle nostre voglie di superbia.
Basta (dayenù) amare! Dayenù, dayenù, dayenù amare è la vita.
Mi hanno inviato al confine, dove il mio capo si è svestito del manto dell’orgoglio e ho cominciato a liberare il respiro.
Mi soffoca la roba, mi scrollo di dosso ogni zavorra di potere.
Amo e sono giunto all’origine della vita. Nessuno si è spinto oltre.
Tanti si fermano impalati alla propria croce. Io mi sono schiodato dal dolore.
I miei occhi dinanzi al sole ardono sapienza, i tuoi invece sono chiusi per non far vedere dentro le tue tenebre che ti oscurano di cattiveria. Dipax
58 L’avaro
L’avaro è assetato di denaro, come il tufo d’acqua.
Sul tufo non resistono gli intonaci, come i poteri pubblici sulla città.
I potenti sono una muffa di stagione, seccano e scompaiono con la luce della verità.
Nel disordine sociale siamo rabbrividiti dai disonesti,
come le viscere guaste di un cane.
E’ sempre ugnale l’empio, bestia che sta sempre in agguato
e non si fa domestica con l’uso.
Resta prigioniero di se stesso e ringhia malvagità. Dipax
n. 57 La medicina del mondo è l’amore
Dentro mi filtra il giorno, come gocce di lacrime. Ci sono ore di disperazione in cui ognuno chiede una compagnia. Non c’è nessuno, se non Cristo in me.
Quando le costellazioni splendono sul mio capo, io so di essere destinato al raccolto della luce.
Io esco a testa alta dai lavori forzati del maligno e non mi sono mai trovato agli sgoccioli della libertà.
Io forzo la frontiera dell’impossibile.
In me ho inventato un’energia per un’altra accanita opposizione.
Non le armi. Io saboto l’odio con l’amore. Dipax
n. 56 La bellezza di Dio salverà il mondo
Hai distrutto un tempio, un altare, fai crollare navate e mura di città, il sacro resta sempre sacro. Il mondo non ha senso senza la tua presenza. Il mondo mi accoglie e rimango dentro il suo ineffabile mistero. Io sono dove esiste la fede. Sono legato alla mia infanzia, imprigionata dalla fede. Ho vissuto in monasteri, in conventi, in comunità di indios, di africani, di induisti, di musulmani e di ebrei e tuttavia sono rimasto fedele al Dio della mia infanzia. Ora quel Dio mi ha nutrito di sapienza e di santità. Ora, dopo essermi nutrito di latte e miele della sua Parola, so discernere il bene dal male. Ho scoperto dentro le mie sbarre che tu non sei un Dio giustiziere che mi spaventava nelle prediche dei preti. Tu eri e sei la mia stessa innocenza. So bene che Gesù Cristo non fa parte di questa nostra chiesa impolverata di potere. Lui è molto avanti assieme ai popoli che si sono spogliati di riti e di religioni. Io accetto di continuo il fuoco della rivelazione, sono le fiamme dello Spirito santo. Io ho voluto sapere e alla fine ho saputo. Ho saputo che siamo suo Amore. Ho saputo che nessuno, proprio nessuno, vuole che si perda e non si perderà. Ho saputo che la fede non ha paura del martirio. Ho saputo che la fede ha paura di dire sciocchezze. Ho saputo che lo spirito non scende a compromesso con gli intrighi dei potenti. Ho saputo che la fede veste una stola lunga secoli di perdono, che parte dal petto di Cristo e giunge al nostro cuore. Dipax
n. 55 Basta un sorriso
Due sorrisi fanno circolare la grazia della pace in terra.
I tuoi occhi hanno il guizzo di chi cattura il pesce nella rete.
Anche i piedi danzano parole.
Diffondi il bene, come una candela accesa che arde le altre a catena.
Basta un segnale per far scattare una riscossa.
La sommossa scatta sempre dal basso.
Basta un fiammifero per far saltare in aria banche e pozzi di affari.
Sono sulla cima della morte, è arrivato il giorno.
La bellezza di Dio salverà il mondo.
La bellezza della grazia serena la vita.
La bellezza della natura t’incanta di intuizioni.
Basta un sorriso a sconfiggere ogni guerra.
Basta una carezza ad addolcire malati e soffrenti.
Basta uno sguardo biblico
a sconfiggere le tenebre dl mondo. Dipax
n. 54 Il corpo sarà spirito e lo spirito corpo.
In noi Cristo splenderà il suo Corpo Glorioso.
Non smetterò di cantare il Risorto.
Come siamo arrivati a farci tanto male? A rendere sterile persino il Risorto? Fermandoci fuori della croce? Con il crocifisso d’oro solo sul petto. Basta a masticare fede e peccato. Siamo divenuti feticci di un altare senza cuore. Precipita nell’inferno il peccato del mondo. Fermati, non sai dove sei e dove il male ti sta precipitando. Non credere al buio delle bugie. Non compro il popolo con un piatto di elemosine. Non seppellire la mente in fatui ragionamenti.
Non ho una faccia come le nuvole che cambiano forma e profilo a seconda del vento. Fai entrare Cristo nel tuo cuore e Lui stesso agirà dentro di te, compiendoti miracoli.
Ricordati: “ Senza di me non potete far nulla”- (Gv 15,5).
Ricordati: “ Tutto posso in Colui che mi dà forza”.Dipax
n. 53 Partorisco spirito
Ti chiedo se il dolore è il mio deserto. Mi hai sedotto nelle lacrime e non so se ti fidanzerai davvero con me. Il patire è l’unico modo d’incontrarti? So però che non si rimane nella sofferenza, è solo un passaggio per giungere alla risurrezione.
E’ difficile entrare nelle logiche delle sabbie del patire. Il dolore non comprende e ti sfibra cuore e mente.
Mi hai inviato il profeta Osea: “ … ti condurrò a me nel deserto e parlerò al tuo cuore, e canterai come nei giorni della tua giovinezza, quando uscisti dal paese d’Egitto.Ti fidanzerò a me e ti farò mia sposa per sempre…”.
Ecco sono entrato nella tenda nuziale del tuo dolore, per vivere ineffabili esperienze nuziali. La tua è un’arcana dichiarazione d’amore. Mi hai rovesciato il calice del tuo sangue nella mia gola. Un fuoco ardente ha pervaso e arso le mie viscere e ora partorisco spirito a grazie di gioia. Dipax
n. 52 Esisto amando
Nella mia vita non ho avuto paura di parlare. Non ho mai vinto, per questo so scrivere soltanto la storia dei vinti.
Nell’angolo più remoto della mia anima io sono sempre esistito. Le menzogne non mi hanno fatto morire. Puntualmente ho incontrato ai quattro cardini del mondo le persone da liberare. Sulle meridiane della mia vita ho smantellato le barriere dei preconcetti. Ho vagato per tanti anni nell’infinito, senza conoscere niente dell’essenza della vita. La colomba del potere è nera e il serpente non ha più una mela in bocca per mordere. Io resto zitto dinanzi alla grettezza mentale. La montagna della mia superbia si è disgregata, si è dissolto persino il pensiero. Dipax
n. 51 In una conchiglia
Io non invento modi per darmi battaglie. Fanno a turno a infliggermi fastidi. Io uso la parola, come arma. L’amore è la più forte spinta degli animali. Dimenticano di mangiare e bere.
Amo gli animali, sanno tutto di noi e noi niente di loro.
Capiscono il nostro linguaggio e noi sordi al loro dire. Poi l’uomo solo è l’Intelligente!
Nella prova ragiono meglio. Non mi fa male avere dei nemici. Le ferite mi danno forza, mi rigenerano la mente. Non mi sta a cuore il corpo, preferisco che nessuno mi squarci lo spirito.
Io so che in tanti il loro corpo cresce e il pensare no.
Nel cavo di una conchiglia ho registrato tutti i miei poemi. Dentro vi ho effuso la rugiada dell’amore. Sono sott’acqua e nasceranno vergini. Io ho scommesso tutto sul pensare e sapere. Dipax
n. 50 Cicatrici nel cuore
Ho capito che l’amore può essere associato sia all’assenza che alla sua presenza.
Anch’io cado dal cielo all’inferno in pochi istanti. L’istante dello spirito è più di un secolo del tempo.
Io devo trovare la via che mi conduca a Te. Forse dobbiamo dare un altro nome a quello che noi chiamiamo paradiso, purgatorio e inferno.
Nel meditare ho tanto sofferto, Mi sono rimaste troppo cicatrici nel cuore. Ma io non mi arrendo a pensare. L’uomo ha cominciato a pensare con il dolore. La sofferenza finisce ma il pensare no.
Pensare è l’eredità di ogni persona che matura nel tempo dell’intuire.
Sono un albero. Sono l’albero delle vene. In me scorrono vene di intuizioni di secoli della storia.
Nella morte le vene del nostro sangue diventano il ponte verso l’eterno. Nessuna goccia di sangue va perduta nell’universo della tua esistenza.
Io reputo che l’universo è formato da galassie di vene di generazioni di popoli. Dipax
n. 49
Il pane diventa pietra
Nelle nostre mense il pane a volta diventa pietra. Perdiamo la convivialità di essere cristiani.
Un tuo sguardo, Signore? Dove sei? Nel lago verde dei tuoi occhi io vedo colonne umane di profughi. Interminabili fughe da guerre e da fame. Fuggono dal sud verso il nord. Che cosa cercano al nord? Lavoro? Denaro? Famiglia? Cosa trovano? Emarginazione? Droga? Prostituzione?
Il nord uccide il sud. Vorrei tanto riposarmi in un’oasi di pace del sud. Nell’oasi delle palme di Cades. Il profumo delle rose di Gerico mi accarezza il volto, mi profuma il cuore. Sentirò, nel vento che sibila dal lontano sud, cantilene che provengono da case diroccate della tua Nazareth. Dipax
n. 48
Cicatrici nel cuore
Ho capito che l’amore può essere associato sia all’assenza che alla sua presenza.
Anch’io cado dal cielo all’inferno in pochi istanti. L’istante dello spirito è più di un secolo del tempo.
Io devo trovare la via che mi conduca a Te. Forse dobbiamo dare un altro nome a quello che noi chiamiamo paradiso, purgatorio e inferno.
Nel meditare ho tanto sofferto, Mi sono rimaste troppo cicatrici nel cuore. Ma io non mi arrendo a pensare. L’uomo ha cominciato a pensare con il dolore. La sofferenza finisce ma il pensare no.
Pensare è l’eredità di ogni persona che matura nel tempo dell’intuire.
Sono un albero. Sono l’albero delle vene. In me scorrono vene di intuizioni di secoli della storia.
Nella morte le vene del nostro sangue diventano il ponte verso l’eterno. Nessuna goccia di sangue va perduta nell’universo della tua esistenza.
Io reputo che l’universo è formato da galassie di vene di generazioni di popoli. Dipax
La grande sorpresa di Dio siamo noi stessi.
Ecco maturiamo nel divino. Ecco da un piccolo seme di senape siamo querce di pensieri e di coraggio. Ecco è credere: alzati e cammina. Ecco stupisco me stesso, quando ascolto creative le mie stesse parole.
Io so credere e non ragionare sulla fede. Io so credere in te e non metto in discussione il tuo cuore. Io so intuire ma non so spiegare.
Oggi ho ancora mille motivi per piangere, ma so soltanto sorridere. E’ una commedia ascoltare le menzogne. Io non reputo di essere giusto con la luce, spesso l’ho spenta dentro di me. So però che essa stessa m’invita a raggiungerla e mi raggiunge.
Ora io vedo la mia vita attraverso gli occhi di Cristo. Che il pianto m’ispiri! Che il canto sia la sua voce. Ecco mi siedo e suono l’organo della mia cappella.
E’ sinfonia altissima.
Comincia il viaggio. Inizia il sogno. Si apre il cuore a palpitare poemi.
Ora in me non c’è l’ora in cui la luce e le tenebre si confondono. La mia infanzia è carica di storie e di fede. Nei miei traguardi trasporto generazioni di santi e di poeti. Ecco io sento, chiudo gli occhi e lascio che le note mi armonizzano di visioni, mi purificano laddove la colpa ha sporcato. Canti di luci nei conflitti dell’amore. I violini m’incantano di bellezza e le arpe vibrano verità.
Ho detto “Si” all’annuncio di ogni dolore, pur comprendendo la gravità di quel destino. Nell’altalena del mio patire ho cantato impetuosamente e mai negato:
”Fiat voluntas tua!”.
Minacciato: Fiat voluntas tua.
Perseguitato: Fiat voluntas tua.
Sparato: Fiat voluntas tua.
Condannato: Fiat voluntas tua.
Imprigionato: fiat voluntas tua.
Emarginato: Fiat voluntas tua.
Esiliato: Fiat voluntas tua.
Signore della vita, comprendi la mia debolezza. Duc in altum è la forza che non ho. Non posso da solo giungere all’altezza della tua misericordia. Il mio cuore oramai ha tutte le corde spezzate. Vibrino le tue per elevarmi a Te. Tuttavia le mie lacrime hanno dimostrato di essere sempre vivo. Questa sinfonia di verità mi eleva nel tuo cuore e qui mi smarrisco. Qui tanta è l’armonia da ubriacarmi di spirito.
Il mio dire non ha parole, per annunciare un pur minimo nostro sospiro d’estasi.
Ho polverizzato la morte. La mia superbia è una diga. Già sento una breccia nella barriera dell’orgoglio. Basta un filo d’acqua a far crollare il colosso che ha chiuso il paradiso terrestre. In questo clima riesco a distinguere a stento la verità. La nebbia del pensiero è più densa di quella degli irti colli. La mia mente è crollata dinanzi a un filo d’erba, dinanzi a un petalo caduto a scorrere nel fiume. Un poema intero non vale un bocciolo di rosa. Non c’è più tempo, né il resto della vita per parlare. Si chiudono le imposte per sognare. Se avessi sognato di più, sarei rimasto immortale.
I pensieri sono sabbia e ciò non l’ho mai ammesso. E’ l’errore di chi pensa. Sono parole dure, io lo so, ma è la verità. Non mi fermo a guardare il buio, mi opprime la mente. Ora so che non è più necessario stare insieme a spiegarci le cose l’un l’altro. E’ fin troppo chiaro il tuo fiato d’amore per me. Non sono mai stato con una donna di notte sotto un lampione circonfuso di nebbia. Non tracanno bottiglie di vino per pensare. Tanti reputano di intuire, convincendosi di essere ubriachi di spirito. Non faccio che pensare, senza un bicchiere di vino rosso. Poi non giocherello con la bottiglia quasi vuota, per attirare l’attenzione di chi sa quale emozione mi pervade il cuore. Il vino non scioglie proprio la lingua ma la bestialità. Non mi stupisco se non riesco, nella mia tarda età, a liberarmi del cattolicesimo dell’infanzia. Purtroppo tanti cristiani sono rimasti sulla riva dell’infanzia o peggio ancora caduti a precipizio sulla deriva della fede tradizionale. Voi lo credete, ho scolato botte intere di spirito, per vincere certe battaglie? Dinanzi a certe intuizioni, rispondo con un fare sempre più impacciato alle spiegazioni che mi vengono chieste. Io so intuire ma non spiegare.
Io non ricordo più che cosa mi avesse portato a lottare la mafia. E’ l’istinto dello spirito a rifiutare ogni corruzione. Uno dei volti di Dio è il volto della donna. Io capisco quando non c’è bisogno di insistere per comprendere certe cose serie. Chi può concepirci nell’acqua? Per nove mesi ci siano nutriti nell’acqua di una donna. Io non mi stupisco più delle coincidenze. Ogni volta che vedo l’acqua, vedo una donna e ho sempre sete. Dio concepisce e crea nello spirito, noi abbiamo bisogno della carne per concepire e partorire. Ecco la vocazione stupenda di ogni prete che si unisce a Cristo a concepire e a partorire di spirito. Questo dono ci è donato dalla Vergine Maria, primizia di tutti i doni dello Spirito santo, per noi. Dipax
La mia audacia
cammina assieme alla prudenza.
Esse non si separano nel coraggio.
L’unica cosa da fare, in certi momenti, è sopportare il silenzio. Insegnami, Signore a offrire la sofferenza come hai fatto tu. Il silenzio è la voce più eloquente. Sono qui senza un impiego convenzionale, eppure non ho paura dell’ignoto. Ho paura soltanto d’incontrarmi. C’è sempre uno sgradevole imbarazzo di convivenza. La gente preferisce mentire che tacere. Qui ho imparato ad ascoltare il cuore e a intendere tutti i suoi battiti, come il pellegrino russo che pregava soltanto con il cuore. Io ti ho amato, o Cristo, senza segnali d’allarme. Il mio, batte per te appena avverte le tue saette infuocate. Nessuno riesce a mentire con gli occhi. Chi può nascondere l’eros dell’amore? Tutto il mio dramma non era possibile, ma è stato vero. L’innocenza mi consente di aprire l’harem della verità. Possono soffocare il pianto ma non la sua voce. Ci sono tante maniere di suicidarsi. Il più comune? E’ non pensare, non ascoltare e non parlare. Io so che ogni giorno è diverso dall’altro e che è afflitto da una pena diversa.
Sono ancora un bambino. Credo ancora all’innocenza di ogni persona. E’ il bambino che è dentro ognuno di noi a prendere le redini della nostra esistenza. Le mie azioni sono sempre sotto controllo del cuore. Si affatica a non sbagliare. Ci sono dei momenti della nostra vita in cui bisogna correre dei rischi, fare dei passi folli, altrimenti restiamo sterile di coraggio. Ho comprato la mia schiavitù con il silenzio della libertà. Sono schiavo di me stesso e non del potere devastante degli altri. Io non sono nato per stare dietro un tavolo e aiutare i giudici a sbrogliare falsi processi. Il vino a volte libera dalla paura e il coraggio è fatto di sangue. Non mi posso asservire di giornali e di televisioni. Ho l’ardire di pensare e di dire tutto ciò che è oltre il pagato.
Ho vissuto un anno intero di miracoli. Senza soffrire, sarei rimasto sterile. L’amore sopravvive al dolore, perché la speranza è il filo conduttrice della nostra esistenza. Sono proprio sciocco, perché penso di capire l’amore. Cupido non convive con i saggi. Ci vorrebbero diverse bottiglie di vino, per capire una donna. Lei chiude sempre la sua mente, perché le parlo di cose serie. Lei apre il suo corpo e non il suo cervello. A volte anche l’ubriaco parla di cose assennate, come quando il prete parla in chiesa. Le cose vere rimangono nelle notti proibite, come la vita che è proibita alla verità. Io non so proprio nulla della convenienza dei benpensanti. Io reputo che bisogna procedere avanti per giungere al compimento della nostra propria esistenza, pur attraversando l’incendio delle condanne e delle emarginazioni. La prudenza che ti porta a morire di decadenza morale, è l’anticamera della tua inesistenza. Vivi di libertà e non di apparenza. Dipax
Avrei potuto!
Dinanzi ai drammi del mondo
la mia voce è più flebile,
ma le parole sono sempre le stesse.
Sappiate la mia mente
corre sempre dei rischi.
Inizia il miracolo del cambiamento
solo quando ci lasciamo prendere
dall’inatteso che accade sempre.
Resistere è la forza del mio pensare.
Il giorno è più forte di me
e io mi affido alla sua luce.
Basta un istante del suo ricamo
per squarciare le tenebre
di cui fingiamo
che siano più forti della luce.
Infila la chiave del tuo credere
nella toppa dei tuoi perché
e osserva quante meraviglie
effonde il giorno
che è solo per te.
A volte anche l’infelicità
è una benedizione.
Ti consente di iniziare
il miracolo della fede.
La felicità per me
è stata una conquista
e la mia volontà
è stata la sua energia.
In ogni notte
io corro nei sogni
a cercare una risposta
ai giorni delle disperazioni.
Meschino
chi non ha mai avuto delusioni.
Non ha mai inseguito un sogno
che gli avrebbe dato
almeno una soddisfazione
nella vita.
Dio ha seminato
nel mio cuore i suoi sogni
e io non so stare senza sognare.
Io non ho seppellito una visione
nello scafandro delle notti
e ho la certezza
di non aver sprecato la mia vita.
Tu, con i tuoi denari e potere,
hai perso tutto te stesso.
Avrei potuto?
Avrei potuto essere prudente
e così non avrei sognato la libertà.
Avrei potuto chiederti
di darmi parole dirompenti
nei processi
e così non mi sarei inserito
nel tuo divino silenzio.
Avrei potuto!
Chi potrebbe comprendere
il significato del dopo?
Tante paure accadono
e tantissime alla fine
non avvengono mai. Dipax
Un natale scomodo: l’urlo del profeta.
(per attendere con coerenza Dio che viene).
Per una madre soffrire per il proprio figlio è un dono d’amore. Questo è il senso profondo del nostro patire cristiano. O Cristo, il tuo spirito mi ha concepito e partorito nel cuore del tuo essere Bambino.
L’avvento è vegliare la vita, vegliare la nascita e per di più quella di Cristo.
Non si può camminare o vegliare sui sentieri storti. Si cade nel precipizio del nulla. E’ necessario raddrizzare i sentieri della coscienza per incontrare l’eterno.
Non si può attendere Cristo in un sistema sbagliato e corrotto. E’ necessario uscire dall’opulenza delle sicurezze del denaro.
Ci chiediamo chi ha reso storti i sentieri della nostra coscienza?
La chiesa che attende Gesù non deve rimanere in un sistema che porta al potere e alle sicurezze umane. La disgrazia è il potere!
La chiesa che attende Gesù è una comunità libera dalle corruzioni politiche e dai sacramenti lucrati di denaro e di falsa coscienza.
E’ tempo di uscire e avviarsi sulla strada della coerenza, dove incontreremo Cristo che ci assicura la salvezza.
Sulla strada della povertà incontreremo Colui che si è spogliato del cielo per abitare la miseria della terra.
Sulla strada dell’altro incontreremo Cristo, primo immigrato e missionario dell’accoglienza.
Sulla strada della sofferenza incontreremo Cristo – buon Samaritano dell’umanità e primo Martire dello spirito e di ogni croce.
Se non usciamo dal nostro sistema obsoleto e gonfio di superbie, anche in questo natale celebreremo la sterilità della nascita di Cristo; attesa fatta di illuminazioni spente, di canti senza emozioni, di celebrazioni gelide e fredde più di un rigido inverno. Cristo non nasce nel potere.
Non scoraggiamoci, il profeta non è sempre di sciagure e di lamentele.
Ecco ancora oggi ci è annunciato un figlio, il Bambino di Dio
che si schiera con gli ultimi e con i poveri. Non viene da Jesse, viene dal cielo!
Io credo che anche nel nostro firmamento Cristo vuole nascere.
Io credo che anche la nostra terra vuole partorite Dio.
Io credo che la luce che viene dall’alto ci dia il discernimento di scoprire Cristo
nel volto del più piccolo della terra.
Io credo che attendere Dio non è una illusione, una pubblicità o una magia del commercio umano.
Io credo nell’assurdo: Cristo nella pienezza dei tempi nasce in una stalla. E’ la pienezza incredibile di Dio, dei suoi valori, del tempo di eliminare per sempre la morte, il maligno e il peccato del mondo. Questa è la reale pienezza dei tempi!
Io credo che nell’intimità mistica di ogni cuore, nella baracca coperta di stagno nasca ancora Cristo scomodo da accogliere e da soccorrere l’altro che è amato da Dio.
Si, questa nascita di Cristo è davvero scomoda per una chiesa obsoleta di canti, di pupazzi del presepe, di angeli appesi, senza voli, nascosti dietro la paglia o le siepi, di neve, di camini accesi, di ghirlande e festoni, di ciaramelle e di auguri fatui nelle omelie di noi preti.
Si, questa nascita di Cristo è davvero scomoda per le assemblee cristiane, fatte di persone dabbene, imbellettate di distrazioni e di vuotaggini, dove neanche un cane nasca. Il potere è una vera disgrazia!
Non tarda Maria a partorirci quel Cristo autentico del suo amore!
Io credo che sia tempo di coerenza. Io credo che sia tempo di ascoltare davvero l’annuncio dell’angelo che è coerente con Dio che lo manda.
Anche oggi Colui che scende dal cielo lo puoi incontrare nel volto di ogni uomo, nella miseria delle baraccopoli. Ecco, Cristo nasce a frantumare le barriere tra i ricchi e i poveri.
Ascolta, nasce già nel tuo cuore. Il cuore non è più tuo, è la culla di quel Dio Bambino che per tanti anni hai atteso senza mai vederlo.
Attendi e vedrai!
Ti stupirà, tu davvero lo vedrai, quel Bambino che ha bisogno proprio di te! Dipax
La luce scende dall’alto ( opera di P. Paolo).
Scende dal cielo la verità
Basta a sopravvivere
con gli scarti dei ricchi!
Ringrazio la luce
che mi fiuta all’istante
le mondezze delle malignità
e mi penetra il petto di lealtà
a concepire progetti di pace
per il mondo oppresso di denaro.
Nel mio camino scoppietta la brace
a sinfonie di concerti.
Il braciere in casa
mi catapulta fiamme
di calore e di magie.
Non mi manca,
in questa piazza di silenzio,
il cartoccio di caldarroste
per stropicciarmi le mani
a calore di serenità.
La perfidia è sempre una brutta stagione,
rigida, fredda e chiusa come l’inverno.
La cattiveria
oscura più della notte.
Basta un raggio di carità
a renderci un po’ aperti e felici.
Essere ammirati e amati dagli altri
è sempre una bella sensazione.
I potenti che disprezzano i miseri,
sanno essi quale sarà il loro domani.
Ogni tanto anch’io mi canticchio
la mia canzoncina preferita,
una vecchia serenata
imparata chissà dove.
Non finisco nei guai,
se mi riparo nel silenzio.
So che esso è più efficace
di ogni altra difesa.
E’ sempre più sicuro
vivere nel proprio mare.
Nel silenzio ho letto tutte le carte
dei processi dei grandi geni.
Ho trovato molta somiglianza
nelle gramaglie delle leggi
di ieri e di oggi.
Il metodo è sempre lo stesso,
fare fuori una persona troppo scomoda.
Mi assomiglia: “ Eppur si muove”.
Si muove non solo il sole,
ma la verità che scende dal cielo. Dipax
Deo Gratias
Non avere timore di te stesso,
come se ti mancasse la fiducia
di esistere e di realizzare la tua vita.
Mi vanto anch’io ben volentieri
della mia debolezza,
del mio lungo ed estenuante processo.
Mi vanto della mia prigione,
delle calunnie e menzogne
e dei miei peccati
che hanno abbrutito il mio volto.
Mi vanto delle infamie
su tutti i giornali del mondo.
Come fai, o Signore,
nella mia assurda debolezza,
a manifestare la tua potenza?
Eppure mi ha rinvigorito
con un’energia divina
a non collassarmi,
in carcere
e in questi miei dolorosi e lunghi anni,
di depressione e di emarginazione.
La mia mente è sana
e il mio corpo è ancora vigoroso.
Sei così umile e meraviglioso
da effondere
nella mia totale vergogna
la tua Potenza.
Carissimo san Paolo,
la tua esperienza di sofferenza e di debolezza,
ora è la mia stessa carne.
“Tutto posso in Colui che mi dà forza”.
Deo Gratias. Dipax
Io credo al tuo Corpo glorioso
Mi stai perforando il corpo e lo spirito
di dolori atroci di luci.
Un istante di dolori dello spirito
è più di un anno luce.
Sento un’atroce impossibilità
ad annunciare la tua Parola.
O Cristo, è difficile oggi vivere
davvero la tua mentalità di risorto.
Noi crediamo ancora alle reliquie.
Le nostre chiese sono fondate
sui santi e sui martiri in te risorti
ma non sulle loro ossa.
Chi di noi vuole visitare i sepolcri,
come hai fatto tu per Lazzaro?
Per te quella visita
è stato un grido di pianto al tuo amico:
“Lazzaro esci e risorgi “per sempre!”.
Per noi visitare i morti
non è altro che credere alle ossa
che non ritornino più,
nei nostri cari,
rigogliosi e vegeti.
Meglio che vi lasciamo qui morti
che vivere in pace o in discordia
ancora con noi!
Caro morto, ti basta un fiore,
affinché i parenti che vengono dopo di me
sappiano che ti ho visitato.
Caro morto, ti accendo una lampada di plastica,
perché sai c’è sempre qualcuno
che ti ruba il rame.
E a me questo proprio non piace.
Caro morto, io ho fatto il mio dovere,
sono venuto a visitarti
e nulla posso fare perché tu possa risorgere.
Vedi qualche lacrima scende anche dai miei occhi,
sulla tua lapide, a seccare un fiore,
certo non è un lacrimatoio
come facevano i romani e i pagani a pagamento.
E’ doloroso pensare
che la nostra fede ha bisogno di suffragi,
mentre sappiamo
che basta una goccia del tuo sangue, o Cristo,
per eliminare i crimini del mondo.
Che vuoi la nostra fede è fatta di tempo e di terra.
Fosse almeno piccola come un seme di senape!
Io proprio di questo credere
non mi accontento
e soffro tanto,
come te, al pensare che pochi
credono davvero che i nostri cari sono già
nel cuore di tuo Padre misericordioso.
Io grido a credere nel tuo Corpo Glorioso
dove splendono tutti i nostri fratelli e sorelle
che ci hanno preceduto.
Domani spero di annunciare
ai miei fratelli e sorelle, non solo cristiani,
ma ancora viventi,
i tuoi misteriosi novissimi.
So però che soffrirò molto
a causa della loro assurda incredulità. Dipax.
Foto dell’adorazione di don Walter Magni.
Foto di Giulietta e Romeo di Giorgione di Bologna
Progetto Lorenzo, dedicato ad Aurelio Cardella
« Il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installato la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordati Pipetta, quel giorno ti tradirò, quel giorno finalmente potrò cantare l’unico grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo, beati i poveri perché il regno dei cieli è loro.
Quel giorno io non resterò con te, io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso».
E’ il grido di don Lorenzo Milani. E’ il ponte della luce e della cultura a unire i veri poveri nella conoscenza della verità e della bellezza del Vangelo.
La luce della verità e della carità è il ponte verso ogni persona. Nell’articolo: “Il muro di foglio e d’incenso”, don Lorenzo Milani propone un sentiero di cultura attiva sulla vita e non passiva basato sui testi. Un sentiero di non violenza nello scoprire le verità nascoste nella storia. Una storia finalmente scritta dai vinti. Un progetto attivo vissuto sul quotidiano dell’essere contadino, operaio licenziato e buttato in mezzo alla strada.
La didattica di don Milani mi risulta tutt’oggi attuale e vitale. Ancora oggi è valida la sua proposta:” … non distribuire pensieri prefabbricati ai preti, ma solo turbarli e farli pensare”.
Insegna le lingue con le canzoni di Bob Dylan e di Brassens, con vecchi registratori a nastro e con tanti dischi.
Esiliato a Barbiana, dal suo eremo del silenzio, ha il coraggio di dire in faccia sempre e a tutti la verità. Si attira le ire di cardinali, come Ernesto Ruffini per il caso del franchismo spagnolo, e di alcuni sacerdoti. Scrive don Antonio Santacatterina in curia, e a Florit: “Desidero esporre, per la prima volta, un mio desiderio. Don Lorenzo Milani lasci in pace la mia parrocchia”.
Tale lamentela sarà l’occasione di decidere da parte della curia fiorentina e di Florit di mandarlo in esilio a Barbiana, dove fonderà la scuola di un’ardita valenza internazionale, tanto che persino Erich Fromm si interesserà al suo metodo didattico, vissuto nel quotidiano della vita delle persone, tramite giornali, racconti degli anziani e dell’osservazione della natura e della critica degli eventi quotidiani.
Qui nascono le sue più dinamiche lettere: “Lettera a una professoressa, Lettera ai giudici, lettera ai Cappellani”.
Vorrei proporre ai Piccoli della pace la lettura in comune e il commento su queste sue lettere, nei nostri incontri di fraternità, fuori dalla lectio divina, per donare oggi ai nostri poveri, che non hanno voce, la dignità di pensare e di essere persone.
Paolo Turturro
Una briciola di cielo
Necessito di uno spintone di verità.
La sintesi di ogni azione cristiana
giunge sempre al Golgota di ogni uomo.
Tuttavia la nostra fioca luce
non raggiungerà mai quella infuocata di Cristo.
Sono sempre al momento giusto
a godere l’infinita luce di ogni aurora,
non perdo un raggio del suo splendore.
Il diavolo pianterà sempre gli alberi
con i rami in giù e le radici al sole.
La sua azione è deleteria
a distruggere solo se stesso.
Le sue corna non si fanno attendere
a manifestarsi.
E’ la sua fine!
Nell’empio aumenta d’impeto
l’aggressività verso ogni bontà.
Io cerco una briciola di cielo.
Non manca molto all’arrivo della pace universale. Cristo proclamerà dai tetti ogni verità. Il livello della nostra attesa s’inerpica altissimo di fede. Io so quando allontanarmi dal rogo. Non mi disoriento di speranza. La vita punisce chi arriva tardi, ma lo spirito ci sostiene in ogni mancanza. Si, non manca molto all’arrivo della pace universale. Cosa sono cento anni della nostra vita dinanzi all’infinito dei secoli? Non sono le gioie umane che sono piccole. E’ il cuore dell’uomo troppo vasto a contenere persino l’eterno. Sono sempre insoddisfatto delle meraviglie della terra. Ho un vuoto spaventoso dentro e lancio in ogni istante l’urlo dell’aiuto. Chi mi ubriacherà il cuore di divino? Forse il nettare delle coppe d’oro? C’è qualcos’altro che mi sfugge. C’è qualcos’altro che mi sovrasta. Ho bevuto a tante sorgenti, a quella dell’arte, a quella della cultura, a quella della scienza, a quella di ogni sapere umano e non solo la mia bocca è rimasta arida. Alla sorsata di ogni potere umano, io resto secco ancora di oltre. Il riso dello stolto mi annebbia la mente. La moda del peccato mi avvilisce l’anima. Dove trovare, o Agostino, l’albero addosso al cui tronco versare lacrime del mio lungo andare inutile? Dove, Francesco, riceve i pizzini del vangelo, per convertirmi nella prigione del cuore e non solo di Perugia? Non vorrei scandalizzare i pusilli, ma io non credo che Cristo non sia capace di salvarci tutti. Io sto al gioco di Dio: non sono venuto a condannare il mondo, ma a salvarlo. Non ho una riserva mentale sulla Parola del vangelo. Quando mi chino su una persona afflitta e desolata, io mi ritrovo in Cristo. Io mi riferisco al diritto del povero che è minacciato. “La vedova, l’orfano, il povero, lo straniero: ecco le persone di cui si tratta di far riconoscere il diritto: sono quelli che non hanno la possibilità di farlo valere. Se questo diritto è violato, è segno che la società vive nell’ingiustizia” (J. Guillet). Quando ascolto chi è inascoltato, io sento la voce di Cristo. Quando credo al divorziato che piange, io asciugo il volto di Cristo. Sono l’icona vera di Cristo, presente in ogni persona
e sono soltanto una briciola di cielo.
Paolo Turturro
I miei giorni non sono uguali
alle mie notti.
Non conosco l’equinozio,
anche se amo tanto l’autunno.
Pesco nella notte
quel raggio di speranza
che mi addormenta tranquillo.
Non si può ferire il sangue,
né la luce dello spirito
che mi guarisce ogni problema
e ogni malattia.
Solo l’anima ti rende immortale. La natura m’incensa di colori e di profumi. Non ho perduto la sua pace. Non ho perduto la dignità di vedere e di sapere. Non perdere gli occhi a scrutare il male. Vivi della passione dello spirito e non della carne. Non rimanere carne arrostita dall’odio. E’ venuta una donna alla comunione e supplicando con le lacrime ha gridato: “Guariscimi, Signore!”. La morte non appartiene allo spirito. Vi supplico questa mia gioia:” Ho ricevuto un denaro da Cristo, anche se ho lavorato nella sua vigna un’ora soltanto. Ma questo denaro cos’è? Il denaro siamo noi, la nostra esistenza, la libertà di credere, la libertà di amare, di amare sempre anche chi ci ha infossato di menzogne”. Ho ripreso in mano la mia vita, dono di Dio, non mi sono smarrito. Mormorare contro la vita è non accettarsi, è non esistere, è smettere di far respirare lo spirito dentro di noi. Sono entrato fin dalla nascita nella vigna della mia esistenza. E’ il mio universo. E’ il mio regno. Lavoro e non voglio commettere sciocchezze a divenire selvatico, proprio nell’alito divino. Ogni giorno Cristo mi ripete il dono della vita. Eccoti il denaro giornaliero. E’ tuo, non seppellirlo dentro un fazzoletto di ipocrisia. In tal modo la mia giornata diventa una dichiarazione d’amore di Dio. La vita è nelle mie mani. Non devo svalutarla, giocandola a Bot di banche. E’ personale, è la mia eredità, è la password del cielo.
Dio ha avuto tanta fiducia in me da incarnarmi dentro il suo stesso spirito. Soltanto io ho l’amara possibilità di perdere questa moneta. La moneta dell’amore contro la moneta degli affari loschi e temporali. Detergi il tuo occhio, è troppo maligno a giudicare. Dio è buono e tu sei sconcertato perché mi ha riempito di grazia! La misericordia di Dio ha un unico nemico: l’occhio maligno. Non guastarti l’eternità, navigando cieco nell’odio. Non mettere sotto i tacchi la grazia di Cristo che sulla croce ha fatto nuove tutte le cose. Si, anche ogni dittatore, ogni tiranno, ogni empio e malvagio. Amico, basta un tuo piccolo: “Guariscimi, Signore!”. E la grazia è fatta! Per tutta l’eternità mi stupirò della sua misericordia. Forse vuoi conteggiare tutte le tue opere buone, i tuoi meriti e correggere la misericordia di Dio? E’ la dannazione del maligno. Liberiamoci dal suo modo perfido e serpentino di pensare. Ricordati che Cristo è quella pietra angolare su cui si fondono tutti gli universi. E’ la Croce creatrice che con una sola goccia del suo sangue cancella tutti i crimini del mondo. Fatti una overdose del suo sangue. Apri il rubinetto della sua misericordia e docciati di perdono e della sua profumata grazia.
Ora sono la sua Parola. Ora sono il suo consiglio. Ora sono la sua grazia che penetra intimamente nella mia carne e nelle mie ossa. Sono la carne del vangelo. Il discernimento è profondo a cacciare ogni senso di colpa e di limite. In Cristo siamo quel respiro sulla sua croce, affidato al Padre. Umiliato, ora sono ascoltato. Condannato, ora sono liberato. Svergognato, ora sono consolato in ogni senso. Lacrimato, sono come Cristo alla Veronica. La mia anima non vive più di virtù. Non vivo più per Dio, ma di Dio. Ora canto e la creazione tutta mi risponde. Ora invoco e le mie lacrime nutrono i disperati. Ora, come Maria di Lazzaro, scelgo l’essenziale.
( stralcio dalle lettere dell’Eremo del silenzio). Dipax
Una città a misura d’uomo
Le antiche bellezze della luce,
che emanano dai templi dorici
m’inebriano di paradiso. Anche al pagano il creatore ha rivelato la sua effusione.
Il mio pensare ha una produzione non stop.
Sono come un papiro, non mi basta la sorgente del fonte battesimale.
Ora nelle vene dei miei pensieri scorre soltanto la Parola di Cristo. Mi sono davvero disciplinato al suo dire. Sono amante dell’arrampicata. Scalo più con gli occhi che con i piedi. La vetta dello Spirito è alta, è irraggiungibile. Il dolore ti abbassa nel profondo più atroce e ti ritrovi sulla cima della luce. Nulla può ardire la nostra volontà nella grazia gratuita della croce. La centrifuga della Parola di Cristo ti allerta di volontà. La mia anima è un’aurora, pronta all’incanto del Giorno che non tramonta. Senza che io viva nel mondo, mi rendo conto di ciò che avviene intorno agli uomini, della confusione che loro circonda. L’avvocato del diavolo deve sempre approfondire l’esame e chiedere se la nostra fede è tanto eroica da dare all’uomo d’oggi il passaggio al di là dei nostri occhi. Quell’imbecille non sa che anche attraverso la croce bisogna altamente pagare. Non posso tuttavia essere distratto dalle dose avvelenate del mondo, perché non avvenga che soltanto alla sera del finire sappia dei missili nucleari devastanti, lanciati nella battaglia di un ebete gioco.
Non rimango spettatore della storia del mondo. Non m’illudo di vivere nel mondo sotto le vesti del turista o di chi passa in una piazza con gli occhi bendati. Non vivo in Piazza Grande, coricato sotto un lenzuolo prestato da un amico.
A me piace il cinema all’aperto, specie quello del Nuovo Cinema Paradiso. Io non firmo cambiali in bianco, perché gli “altri” costruiscono la storia. Vivo i giorni seminandoli di amore e di sudore. Non sono un giudice accigliato, che emette sentenze di condanna. Io non condanno il mondo ma, come Cristo, lo voglio salvare nella sua bellezza originale.
Molti nella catastrofe dell’attesa escono in accenti apocalittici oppure sono tromboni di giornalisti che in TV rugliano il peggio. Come spiegare questa diffidenza o questo menefreghismo nel confronto della nostra storia? Della nostra terra? Io non credo che il temporale sporchi. La pazzia fulmina distruzioni e malattie mentali. E’ pensiero comune, anzi si è ritenuto disdicevole per un cristiano, tanto meno per un prete, tuffare le mani nella pasta della politica, materia bassa e sporca. Ma poi ti rendi conto che tanti impastano, non solo con le mani ma con i piedi e con quant’altro, la quotidiana corruzione. Io costruisco il presente piantando, non solo nell’orto, l’albero della speranza e del futuro.
Teilhard de Chardin ci ricorda che si deve salvaguardare e diffondere il bene attraverso la fede di Cristo.
Einstein ci pregusta che la scienza senza la fede è cieca, è morta.
Non si è poi prestato sufficientemente attenzione all’osservazione di Péguy: “ Lo spirituale è sempre coricato sul letto da campo del tempo”.
Non credo che l’attenzione alla storia di ogni uomo mi distolga dallo sguardo verso Cristo, anzi spesso mi rendo consapevole di trovare Cristo nel cuore dell’uomo.
E’ un comodo alibi alla propria pigrizia pensare alle proprie cose e che gli altri e che gli eventi della storia mi allontanano da Cristo. Non ti fa male amare gli altri, anzi ti arricchisce di virtù che non potresti immaginare.
La mia visione escatologica parte dall’uomo e con l’uomo raggiungo Cristo.
Ciò che contamina il nostro vivere cristiano è l’acido dell’escatologia distorta, ciò credere senza l’uomo.
Io voglio morire, respirando la storia dell’uomo, fatto corpo glorioso di Cristo. Paolo Turturro
Un canto nel dolore
vale un’intera libertà.
Sono la voce delle sole vocali,
le consonanti non servono al dire,
se le inghiotte il soffrire.
Ciò che è nell’innocenza è tutto risaputo.
Si muove a memoria dentro di noi,
come per un cieco le cose in una stanza. Meglio fagioli da libero che arrosto da corte. Ti dico in faccia la verità, anche se mi pugnali alle spalle non cambierei nulla. Una valanga di pugni non vale un fiato di verità. Ti insegnerò ad amare. Cominciamo dai tuoi occhi. La dentro ti scriverò tutta la passione di Cristo. Sentirai l’ardore del suo amore. Dai, scendi dal tuo piedistallo. Innalza il tuo sguardo a ciò che è eterno. Non volare basso a respirare la polvere che gli altri ti sollevano. Nei tuoi occhi c’è il mistero. Sul tuo volto c’è la bellezza della mano divina. Nelle tue mani c’è l’infinito che tu non conosci e che, senza che tu sappia, da tempo l’hai assopito d’inerzia. Io sento come ti ottura il male. Ricordati hai solo un cuore, non spegnerlo palpitando odio e rancori. Io so creare la soluzione. E’ fatta di una piccola parola:”Scusa”. Dillo a te stesso di non averti amato. Dillo a te stesso di non avere sperato nelle tue forze. Dillo a te stesso di non avere creduto che gli altri sono una tua ricchezza. Dillo a te stesso di non aver creduto alla forza del tuo cuore conquistato che converte il tuo feroce vincitore. Dillo a te stesso, troppo tardi ti ho amato, o infinita misericordia! Dillo a te stesso di aver bevuto calici di Cristo senza sentire il sapore divino. Io ne sono certo, butterò il traguardo nella gioia. Io ne sono certo, respirerò da Dio. Nel luogo idillico del cuore non ti manca la città dell’opulenza. In questo luogo idillico persino la morte è un dolce respiro, come la dormitio Mariae. Amico, le mie lacrime hanno inghiottito ogni perché. Io so leggere non solo il mio cuore. Io so leggere dentro di te, ciò che di divino avverrà in te. Amico, un canto nel dolore vale un’intera libertà. A che punto è la tua libertà! A che punto respiri l’universo pensato da miriadi di poeti e di sognatori. Non restare schiavo dell’ignoranza. Non ti avvilire dei cruise del coreano. Il sapere delle cronache ottura la mente. Respira intuizioni che il tuo cuore sa palpitare. Basta una pagina del vangelo e Cristo abita in te. Io, sotto un cipresso dell’anfiteatro, ho pianto l’infinito. Nel Giardino dei pensieri ho abbracciato Colui che mi ha dato forza. Nell’orto delle aloe ho guarito lo spirito che rischiava di divenire terra. Nel viale dell’angelo mi hanno parlato don Tonino Bello e David Maria Turoldo. Nella sala d’arte Francesco Cardella ho risentito il Canto del Cigno che Alda Marini ha inciso nel mio cuore prima di morire. Nel laboratorio delle cere le pagine del vangelo sono divenute ali per oltrepassare le ingiustizie e osare l’infinito. Vedi, Amico, quanti viaggi fa il cuore! Amico, ti serve solo il silenzio per ascoltare le voci dell’amore che abita in te. Taccia il tuo aggredire. Non avvilire più il tuo spirito. Troppe volte ha lacrimato il tuo cuore, senza che tu l’hai avvertito. Sappi che ha sofferto tanto il tuo cuore a palpitare male e a vivere da indifferente. Amico, io ne sono certo, ci incontreremo già in quel canto che vale un’intera libertà. Buon viaggio, amico, nel paese del tuo cuore. Paolo Turturro
La Parola di Eric Amohi M.Bolo
Andiamo noi tutti piccoli della pace all’incontro di nostro salvatore Gesù Cristo che sta per venire. Colui che insegna con autorità, egli è la nuova dottrina cioè la parola di Dio, il verbo incarnato che ci libera davvero dalla nostra povertà mentale, dalla nostra schiavitù, dalle mani del maligno e si è fatto povero per arricchirci.
Gesù è la sorgente d’acqua viva, lui stesso riempie la donna Samaritana per potere attingere Gesù, l’acqua viva che dà la vita eterna.
Quindi amici miei ci vuole una chiave nuova per potere prendere di quest’acqua viva. Questa chiave si chiama la Parola di Dio.
Non è possibile essere seguaci di Gesù senza la Parola. Quindi la sequela significa conoscenza della parola,dimorare nella parola, disciplinarsi nella parola ed essere parola di Dio per partecipare alla sua natura Divina. Per questo san Giovanni ci invita a stare nella parola per essere pieno di grazia, per superare la schiavitù del tempo. Cosi chi è pieno di parola può parlare come Dio, vedere come Dio ed essere figlio del regno di Dio, capace di generare i figli della luce.
Per questo nel nostro credo professiamo la nostra fede dicendo : “Per mezzo di lui (Gesù) Dio ha creato ogni cosa. Senza di lui non ha creato nulla.
Vi invito allora carissimi Piccoli della pace d’innamorarvi con tutto il vostro cuore, con tutta la vostra mente, con tutta la vostra forza della Parola di Dio. È proprio lì, da questa parola che scaturisce la vita, lo spirito nuovo che ci trasporta nel mondo spirituale per essere perfetto come è perfetto Dio, il padre del nostro Gesù Cristo.
Eric Amohi M’bollo
Nella valle del silenzio
Sono l’artista al servizio del divino. Mi è lasciata solo l’esecuzione. Non ho creatività su Dio. L’inventiva è riservata all’eterno. I Padri, i teologi, gli artisti iconografi sono al servizio della Parola divina.
Solo chi è umile comprende Dio. Solo chi è mite entra nello scrigno della bellezza. Solo chi è puro nell’anima e nel corpo plana nel cuore di Cristo.
La consapevolezza della distanza della meta, così lontana, non rallenta il cammino verso l’impossibile, anzi l’accelera di volontà.
Sono l’eikon dello spirito. Sono quell’Abgar guarito dall’icona sul lino impressa da Anania dal volto sudato dell’uomo della croce. Non cerco più la bellezza della luce ma la sua santità. Sono posseduto dalla dynamis dello Spirito. Lo sguardo è di cielo. Le mani, ali d’angelo. Gli occhi a specchio divino e i piedi di cervo a camminare sui carboni ardenti di Isaia. Sono un’icona scritta dallo Spirito. Le mie vene non sono di tiglio, né di pino, scrivono affreschi di antiche visioni. Le radici dello spirito perforano il cielo a nutrirsi di rocce, per resistere all’uragano della morte e del peccato. Il mio costato è un’arca con solchi profondi a scorrere la linfa dell’icona dello Spirito. Chi può firmare l’icona del cielo? Chi può abitare nell’oro delle icone dell’Apocalisse? Io sono quel monte Athos, dove gli iconografi salgono a scrivere il divino.
Non toglietemi il martirio, equivarrebbe oscurarmi di tenebre e splendere senza l’alone di chi è beato.
Ho una dimensione frontale, come le icone bizantine. Vedo alto. L’umiliazione mi eleva di profondità. Il bello rende vero ogni cosa. Non mi basta lo “Splendore del vero” di Platone. La luce del tempo è fioca. Vivo nel cosmo del silenzio. La sua luminosità m’inebria di gioia mai vissuta. La bellezza è benedizione e l’inquinamento è il frutto delle tenebre. Nell’icona dell’amore il corpo è spiritualizzato, pur vivendo di carne, di sospiri, di emozioni e di sentimenti umani. Nell’oro della luce divina perdo ogni carattere sensuale. Ecco che cosa vuol dire: “un cammino ascetico”.
Un simile afflato può affiorare da un cuore squarciato d’amore. La sofferenza mi nutre di bellezza divina. Nell’icona del martirio sono in compagnia della Vergine Orante. Mi custodisce la Vergine “Panaghia” del Segno. Dialogo con la Vergine della Tenerezza, l”Eleousa dell’amore”. Al mattino il Borgo della pace è una vallata di Kyrie eleison. Scorrono in città fiumi di grazie. Le mie lacrime sono balsamo di guarigione e conversione di mentalità, tanto che la terra si converte in cielo.
Colui che canta all’aurora spalanca il paradiso delle grazie. Colui che ascolta la sinfonia del creato trabocca l’umanità di pace e di serenità.
Rammentate: io sono l’Odegòs, la guida verso il cielo, ma non seguitemi! Non inneggio nella cappella dell’esercito. Non ho armi o falce per tarpare le ali. Non do onori e favore. Non rilascio attestati di successo o di lauree di santità. Non ho, dinanzi a me, lo stendardo dell’Odighitria, per abbattere il nemico. Non sfido per conquistare un trofeo.
Io canto per amore e Dio mi ascolta. Anima mia torna a casa tua, dovessi perdere persino l’infinito di ogni stima e sapere. Perduto di tempo, vivo di eterno. Dipax