Notte di Natale – Omelia

 

NATALE DEL SIGNORE

Omelia nella messa della notte

25 Dicembre 2016

 

Isaia e Luca annunciano il dono della nascita di un bambino. È questo il segno da accogliere da parte di Dio. Un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. «Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

Siamo qui per accoglierlo; siamo chiamati, qui ed ora, a prendere parte a questo evento che ha segnato definitivamente il corso della storia, dai tempi di Cesare Augusto ad oggi. Il Bimbo nato a Betlemme ci è dato anche per questo nostro difficile ma promettente tempo.

Betlemme è la “casa del pane” (בית =beth, casa; לחם = leḥem, pane), casa del cibo essenziale, quello di cui non si può fare a meno, quello da cui dipende la nostra stessa sussistenza, quello senza il quale non è possibile vivere. La città di Betlemme, alla periferia dell’impero romano, villaggio marginale della Giudea [«Ma da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere tra le migliaia di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni» (Mic 5, 1)], ha accolto Gesù che nasceva in una mangiatoia (il piatto del nutrimento degli animali) e diventa casa del Vero Cibo, del cibo che dà salvezza. Gesù nel IV Vangelo dirà che colui che mangerà del suo corpo e del suo sangue vivrà in eterno: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda» (Gv 6, 51-58), «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo» (Mt 26, 26). Nel primo gesto, quello di avvolgerlo in fasce nella mangiatoia di Betlemme, possiamo vedere la sua perfetta umanità, come è testimoniato (cfr. Sap 7, 4; Ez 16, 4). Egli è davvero uomo pur non cessando di essere Dio. Nell’inizio è già annunciata la fine: altre fasce avvolgeranno il suo corpo deposto dalla croce e sepolto sul Golgota. E come quelle della natività danno testimonianza della sua messianicità, così quelle del sepolcro daranno testimonianza della sua risurrezione (cfr. Gv 20, 26-27). Del suo essere ora il Vivente che porta i segni della sua massima donazione e del suo amore senza limiti per gli uomini suoi fratelli.

Ecco la casa che dobbiamo essere e dare a questo figlio che nasce oggi: «Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Is 9, 5). Ecco il pane che dobbiamo mangiare e il cibo che dobbiamo condividere. Betlemme, la casa del Vero Pane, del Vero Cibo, siamo noi che ci nutriamo di tale Cibo! Ciò che stiamo per celebrare non è solamente il primo Natale del Signore, ma anche il preannuncio di ciò che sarebbe successo in seguito, allorché quella mangiatoia, quel paniere, saremmo divenuti noi stessi.

Sì, siamo chiamati tutti a venire a Betlemme, ad essere Betlemme, perché ci sia il cibo essenziale per tutti. Non sono io il Pane, non siamo noi: «Io sono il pane della vita… il pane disceso dal Cielo» (Gv 6, 35.41), lo può dire solo lui, solo colui che si chiama Gesù e nel suo nome rende presente l’Emmanuele –   Dio con noi / in mezzo a noi –  il Dio che salva il mondo. Noi dobbiamo solamente essere “Casa del pane”. Il mio e vostro compito è quello di lasciare che Lui, Vero Cibo, ci trasformi in qualcosa di nuovo, in nuove creature.

La chiesa, la comunità cristiana deve essere una novella Betlemme. Casa periferica in senso evangelico, che accoglie e condivide gratuitamente il pane e il cibo della vita. Il segno del bambino che accogliamo chiede a noi battezzati di far diventare la nostra famiglia, le nostre comunità cristiane, il mondo, nostra casa comune, e le nostre città, la “Casa del pane”. Casa accogliente, inclusiva, gratuita, pacifica dove si trova il pane essenziale della giustizia e dell’amore. Il pane della dignità umana riconosciuta a tutti con il lavoro e l’abitazione, il pane della legalità, il pane del bene comune riconosciuto a tutti. La casa comune che è di tutti, di chi in questo momento vive di stenti, di chi è solo e soffre nel corpo e nello spirito, a qualsiasi cultura o religione appartenga; la casa accogliente che ha la gioia di aggiungere un posto a tavola perché nessun lazzaro rimanga fuori dalla porta e nessun profugo sia respinto; la casa dove poter assaggiare il pane fragrante dell’amicizia e della condivisione.  Noi casa. Noi culla. Noi paniere. Lui, Gesù, pane che ci trasforma in lui.

E il miracolo del pane che trasforma e si moltiplica continuerà sotto i nostri occhi. Se prende carne in noi il Figlio di Dio fattosi carne, uno di noi, avremo con noi per sempre il «Consigliere ammirabile» (Is 9, 5) che ci insegna a «vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2, 12).  Lo seguiremo, nella via della condivisione e della pace. «Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone» (Tt 2, 14).  Lui sarà riconosciuto come Emmanuele, Dio con Noi!

I grandi di questo mondo, i conquistatori assiri o romani, di ieri e di oggi, – come ci ricordano il profeta Isaia e l’evangelista Luca – sono quelli che hanno rimosso di essere creature sempre fragili, dalla nascita alla morte e che, affetti da delirio di onnipotenza, accumulano poteri e alimentano narcisisticamente e scioccamente il loro io, impongono pesi insopportabili, saccheggiano e deportano, indaffarati a costruire depositi e a massimizzare il profitto, censiscono i loro accumuli, armano eserciti, seminano violenza e morte, calpestano i deboli, vivono nella cecità del cuore, dimentichi di essere stati deposti anche loro in una culla e che saranno in ogni caso adagiati in un sepolcro.

Tuttavia oggi la moltitudine dell’esercito celeste annunzia la pace a tutti, anche per loro, anche per chi si crede un grande in questo mondo, nelle nostre comunità cristiane, nelle nostre città: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2, 14). Oggi questo annuncio continua ad essere rivolto a tutti anche a chi ha indurito il suo cuore umano.  Dio nel suo Figlio nato nell’umiltà della condizione umana pensa in grande, ha assicurato una «grande gioia, che sarà di tutto il popolo» (Lc 2, 10), di tutti i popoli.

Dio continua ad indicarci e ci invita ad accogliere il Segno del bambino deposto nella mangiatoia di Betlemme. Contribuiremo così a costruire la casa comune, il mondo, la città degli uomini come “Casa del pane” della gioia e della pace.

Don Corrado Lorefice

 

Carissimo Paolo,

un forte abbraccio benedicente. In segno di comunione ti invio l’omelia di questa notte.

continuo a pregare per te. Spero di incontrarti presto.

Ti accompagno con la mia preghiera. Buon Natale. don Corrado

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