Noi non ci abbattiamo di paura dinanzi al dilagare delle ingiustizie, perché una cosa è certa: non facciamo parte di questo esercito. Il malvagio ragiona con inganni e parolacce. Il mite riceve le ingiurie e le cancella nel perdono. Il mio dolcissimo Crocifisso non è una croce secca di legno, marcio di vermi; né un brillante d’oro al petto di vescovi e di persone; è il corpo più perfetto di quello di Leonardo da Vinci; è il corpo vivo, robusto, giocondo, splendido, non solo di carne. Ogni istante l’abbraccio. In ogni istante mi inebria. In ogni istante mi inietta una trasfusione di grazie. Noi cristiani appendiamo la croce al collo, sul letto a capezzale, nelle bare dei morti. Tu, invece, ti sei incarnato nel mio corpo, nelle mie vene forate, nel mio capo spinato di ingiustizie, sul mio petto squarciato di calunnie e di inganni. Grazie, Signore, per questa stupenda occasione. Ora non annuncio una croce che non mi appartiene. Ora sono croce del tuo stesso corpo. Ora sono lettuccio per ogni paralitico dello spirito a spiccare il volo di guarigione. Ora sono la spiga dei discepoli, dimenticata nei campi dell’apostolato. Ora sono l’erba amara per sanare il sangue grasso del colesterolo del male. Ora sono l’incenso della preghiera che nessuno vede salire al cielo, se non gli angeli. Ora sono un asino a fuggire in Egitto di ogni immigrato. Ora sono un asino sulla soma della pace. Ora sono olio crismale a ungere di conforto e di salvezza chi è imbrattato di male.
Ora sono il pastorale a guidare nel deserto del pensiero, nell’umido del servizio, la verità che non può essere calpestata e sepolta nelle dune della non memoria.
Ora sono la mensa dell’Agnello a liberare i popoli sulle tratte incise dal potere dello sfruttamento.
Ora sono il tuo corpo Risorto nelle festa degli immigrati della Pasqua.
Ora sono una campana a lieto annuncio di liberazione. Ora sono la tua libertà.