Scrivo solo per chi ha bisogno del cielo.
Io prete non sapevo di aver bisogno del cielo. Credevo di essere io il cielo.
Tante volte ho elevato il calice di Cristo, senza guardare in alto.
Io so che il cielo si apre, quando la terra si chiude.
In questo mondo di ladri pochi pensano al cielo.
A costoro basta la terra, per seppellirsi di niente.
Anch’io sono in esilio, quando scendo a terra,
io abito il cielo.
Gli assassini non hanno paura del cielo. Hanno lasciato il confine della mente, dove la speranza muore.
Sulle strade sconfinano il codice stradale, per giungere un secondo prima alla morte.
Sono caduto a terra con le ali tarpate e i gabbiani sono venuti a liberarmi.
D’allora abito il cielo.Mi resta la carcassa sulla terra.
Il mio cuore se n’è andato in viaggi perenni, su navi che non approdano mai, su autobus di merce umana, in paesi che mai conoscerò.
Io sono il cammino che non finisce mai. Sono Treeunquarto e poi “Meglio in due”.
Comincio daccapo dove finisce il pensiero.
Batte la lingua sul dente che duole e non finirò mai di soccorrere un derelitto.
La musica è solo un respiro del dolore. Dentro ho un orchestra di gabbiani e di miriadi di aironi.
Vanno lontano ad armonizzare la vita e dalle galassie ritorna una sinfonia divina.
Io sono il presente del cielo e gli angeli sanno in quale dimora io abiti. Dipax